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Docenti: "Pensioni da 700/900 euro sono da fame, inoltre è assurdo affidare la gestione di una classe a docenti che hanno raggiunto o superato i 67 anni di età, serve una svolta"

"L’assegno pensionistico prospettato può collocarsi in una fascia compresa tra circa 700 e 900 euro mensili, soprattutto per chi arriva alla pensione dopo carriere segnate da... "

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Il tema della previdenza dei docenti è una questione che sta assumendo i connotati di una vera emergenza sociale, per come dichiarato dal CNDDU: "Negli ultimi mesi, infatti, numerosi insegnanti, dopo aver effettuato simulazioni sui portali ufficiali dell’INPS, hanno scoperto che l’assegno pensionistico prospettato può collocarsi in una fascia compresa tra circa 700 e 900 euro mensili, soprattutto per chi arriva alla pensione dopo carriere segnate da lunghi periodi di precarietà e da un ingresso tardivo in ruolo.

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La normativa vigente prevede che l’accesso alla pensione di vecchiaia avvenga a 67 anni con almeno 20 anni di contributi, mentre per la pensione anticipata sono richiesti oltre 41 anni e 10 mesi di contribuzione per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini, requisiti che restano validi almeno fino al 2026 secondo le indicazioni istituzionali. Tali soglie, applicate a carriere discontinue e spesso avviate in età non giovane, producono effetti penalizzanti sugli importi finali e costringono molti docenti a rimanere in servizio ben oltre una soglia di sostenibilità personale. A questo quadro si aggiunge un elemento che il CNDDU considera particolarmente critico e, per certi versi, paradossale: appare sempre più assurdo affidare la gestione quotidiana di una classe a docenti che hanno raggiunto o superato i 67 anni di età.

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Non si tratta di mettere in discussione il valore umano e professionale degli insegnanti più anziani, ma di riconoscere che l’attività didattica richiede energie fisiche, prontezza cognitiva e capacità relazionali che possono essere messe seriamente alla prova a età così avanzate. La scuola è un ambiente complesso, caratterizzato da ritmi intensi, gestione di conflitti, sorveglianza continua e responsabilità educative che difficilmente possono essere sostenute senza conseguenze sul benessere psico-fisico del docente e, indirettamente, sulla qualità del servizio offerto agli studenti. Diventare insegnanti, inoltre, è oggi un percorso lungo ed economicamente gravoso. Anni di formazione universitaria, percorsi abilitanti spesso a pagamento, concorsi selettivi e aggiornamento continuo si accompagnano, per moltissimi docenti, a lunghi periodi di lavoro precario e a una mobilità territoriale forzata.

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Incarichi lontani dalla propria città di residenza, costi per affitti, trasporti e doppie domiciliazioni incidono in modo significativo sulla possibilità di costruire una stabilità economica e di accantonare risorse utili per il futuro. Non sorprende, quindi, che alla fine della carriera emerga il rischio concreto di una pensione insufficiente a garantire condizioni di vita dignitose. Alla luce di questi elementi, il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ribadisce che l’insegnamento deve essere riconosciuto come lavoro usurante. L’usura non è solo fisica, ma anche mentale ed emotiva, ed è il risultato di decenni di impegno in contesti educativi sempre più complessi, spesso senza un adeguato riconoscimento sociale e istituzionale. 

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Il CNDDU lancia quindi un appello alle istituzioni affinché venga aperto un confronto serio e documentato sulla condizione previdenziale dei docenti. Una scuola che costringe i suoi insegnanti a rimanere in classe fino a 67 anni e oltre, senza offrire adeguate tutele e prospettive dignitose di uscita, è una scuola che mette a rischio non solo il benessere dei lavoratori, ma anche la qualità dell’istruzione stessa. Il rischio è quello di scoraggiare le nuove generazioni dall’intraprendere la carriera docente e di trasformare il pensionamento in una fase di insicurezza anziché di legittimo riposo. Rivolgiamo infine un appello diretto al Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara: riconoscere l’insegnamento come lavoro usurante e intervenire per garantire una pensione dignitosa ai docenti non è una concessione, ma un atto di giustizia istituzionale. Chi ha formato cittadini, trasmesso valori costituzionali e promosso i diritti umani non può essere lasciato solo proprio nel momento in cui conclude il proprio servizio allo Stato".


di LA REDAZIONE




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