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Maturità 2025: la scena muta che fa parlare tutti e divide, da Valditara a Crepet e da Novara a Schettini. Dal silenzio parte la riforma della scuola?

Un silenzio che è stato così forte da far scendere in campo tutti, dal Ministro Valditara ad esperti e famiglie. Forse serviva stare zitti per scuotere davvero?


La recente scena muta all’esame orale di maturità di alcuni studenti, come forma di protesta contro il sistema scolastico, ha scatenato un dibattito nazionale acceso e articolato. Ha coinvolto in primis il Ministro dell’Istruzione e a seguire diversi, tra i più noti, pedagogisti e psicologi, e docenti da tutta Italia.

Andando con ordine nell'analisi, dopo che due studenti, GianMaria e Maddalena, hanno deciso di non rispondere alle domande della commissione, il Ministro Valditara è intervenuto con fermezza dichiarando che “comportamenti di questo tipo non saranno più possibili”. Per il Ministro, infatti, il colloquio orale è un momento fondamentale per dimostrare preparazione e capacità critica, e chi sceglierà di non partecipare o di non collaborare rischierà di dover ripetere l’anno scolastico. Tuttavia, per tradurre questa linea in una norma vera e propria occorrerà modificare il decreto legislativo 62/2017, perché al momento la bocciatura per protesta non è prevista.

Dall’altro lato, lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha offerto una chiave interpretativa diversa, ponendo l’accento sul fatto che la scuola italiana non riesce a comprendere davvero i bisogni e le fragilità dei giovani: “Nessuno in classe domanda a questi giovani come stanno... non esiste uno spazio o un momento per farlo”. Crepet ha criticato la scelta di protestare solo all’ultimo giorno dell’esame, sostenendo che una vera volontà di cambiamento dovrebbe manifestarsi durante il percorso scolastico e non nel momento conclusivo. Pur riconoscendo che le motivazioni della protesta sono legittime, l’esperto ha ammonito i ragazzi a non rifiutare la valutazione, che è parte inevitabile della vita e serve a insegnare a confrontarsi con le sconfitte e a migliorarsi. “Non possiamo spostare sempre l’attenzione sulle fragilità”, ha ribadito, “devono abituarsi ai voti che ti dà la vita”.


In un’altra direzione si muove invece il pedagogista Daniele Novara, che ha espresso piena solidarietà al maturando che ha scelto il silenzio come forma di protesta, definendolo un gesto di “coraggio educativo”. Novara ha sottolineato come questo atto richiami le mobilitazioni studentesche degli anni Settanta e rappresenti un’opportunità per mettere in discussione un sistema scolastico ormai obsoleto, incapace di riconoscere le reali capacità dei ragazzi. Per il fondatore del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, l’ansia da valutazione alimenta una competizione dannosa e non promuove l’apprendimento: “Serve una scuola senza voti numerici, capace di valutare il percorso e non solo la performance”.


Novara auspica che questa protesta possa essere un primo passo verso un “effetto domino”, che coinvolga sempre più studenti nel chiedere un cambiamento strutturale.

Il professor Vincenzo Schettini, noto anche come “professore amato del web”, ha invece offerto un punto di vista critico ma costruttivo rivolgendosi direttamente ai giovani: “Sono sicuro che dietro quella protesta c’è qualcosa di importante che volete sottolineare, ma la protesta va fatta in un’altra maniera”.


Schettini ha suggerito che sarebbe stato più efficace affrontare l’orale con preparazione e impegno, dimostrare il proprio valore e, solo dopo, rifiutare simbolicamente il voto come forma di dissenso. Per lui, l’esame di maturità rappresenta il primo vero grande ostacolo nella vita, un momento in cui gli studenti devono misurarsi con le regole di una comunità e dimostrare responsabilità e coraggio. Schettini ha messo in guardia dal rischio che alcuni ragazzi possano aver scelto la scena muta come strategia per evitare la prova orale, ma ha anche riconosciuto che questa vicenda deve essere uno spunto di riflessione sul valore delle regole e sull’importanza di mettersi in gioco.

In definitiva, la scena muta agli esami di maturità non è stata solo un gesto di protesta silenziosa, ma un grido che ha fatto emergere un malessere profondo, mettendo a nudo tensioni e contraddizioni di un sistema scolastico che fatica a dialogare con i giovani.

Dal rigore del Ministro Valditara, alla comprensione ma anche critica di Crepet, al sostegno innovativo di Novara e al pragmatismo di Schettini, si delinea un quadro complesso in cui emerge la necessità urgente di un confronto aperto e sincero. La scuola deve saper ascoltare, accogliere e accompagnare, ma anche insegnare a mettersi in gioco, ad accettare le sfide e a confrontarsi con la realtà. La maturità, più che un voto, deve essere vista come un’occasione di crescita personale e sociale, capace di preparare i giovani ad affrontare con coraggio il cammino della vita.

Un silenzio che è stato così forte da far scendere in campo tutti, dal Ministro Valditara ad esperti e famiglie. Forse serviva stare zitti per scuotere una scuola che a volta sembra indifferente al vissuto degli studenti.

di Natalia Sessa



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