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Lucangeli: "Un incoraggiamento muove più di cento rimproveri. È importante che gli studenti facciano propria l’idea che le abilità possono svilupparsi e possono migliorare con impegno ed esercizio"

Aggiornamento: 14 lug

“È davvero importante verbalizzare di fronte ai nostri figli e ai nostri studenti che siamo convinti che possano riuscire: in questo modo faranno propria l’idea di avere ciò che occorre per raggiungere…”

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“Quando si pensa a come accompagnare uno studente verso il successo scolastico, di solito ci si concentra su come presentare un determinato argomento, come favorirne la comprensione e la memorizzazione, ma non ci si sofferma sugli stati d’animo degli studenti mentre apprendono”, queste le significative parole con le quali inizia la sua significativa riflessione Daniela Lucangeli, stimata scienziata e docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova.


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Le emozioni, infatti, contraddistinguono e scandiscono ogni attimo della nostra vita e molteplici sono quelle che provano i docenti mentre insegnano e gli studenti mentre apprendono. “Le emozioni non sono disgiunte dall’attività cognitiva, anzi influiscono concretamente sui processi cognitivi, come attenzione, memoria, comprensione; esse attirano l’attenzione e le risorse su ciò che le induce e indirizzano l’atteggiamento: quindi, se studiando proveremo paura o ansia cercheremo di evitare la situazione che le suscita, mentre all’inverso cercheremo di avvicinarci a ciò che genera piacere — e ciò si applica, evidentemente, anche all’atto di imparare”, così come ci spiega la stimata scienziata. 

Le emozioni, dunque, influenzano l’apprendimento in modo qualitativo: le emozioni piacevoli, ad esempio, favoriscono l’intuizione, la creatività nel risolvere un problema, determinando una maggiore predisposizione all’impegno e conducendo ad una prestazione scolastica migliore; le emozioni negative, invece, prediligono un apprendimento che sia focalizzato sui dettagli, attraverso l’applicazione di algoritmi.

Ed allora una domanda sorge spontanea: come sostenere le emozioni positive?

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Innanzitutto fondamentale è la percezione dello studente di essere all’altezza di ciò che gli viene chiesto, secondo un principio di autoefficacia, così da poter affrontare compiti difficili con la consapevolezza di poterli completare con successo, senza ansia o timore perché altrimenti queste componenti porterebbero lo studente a provare emozioni negative e quindi ad evitare il problema.

“Per suscitare la fiducia in sé in un bambino innanzitutto è importante aiutarlo a sperimentare il successo soprattutto nelle prime fasi dell’apprendimento, momento in cui i pensieri su di sé sono in fase di costruzione. I successi però non devono essere troppo facili da ottenere, ma devono richiedere una dose di impegno: ogni bimbo dovrebbe avere la possibilità di affrontare e superare delle barriere, in modo che possa capire che il risultato si ottiene solo grazie a un impegno continuo. Essere consapevole di avere ciò che serve per raggiungere dei traguardi lo aiuterà in futuro a perseverare nelle difficoltà e ad affrontare gli ostacoli che si presenteranno”, in tal modo continua la sua profonda riflessione Daniela Lucangeli.


Innanzitutto, sarà necessario agire adeguatamente e congruamente mettendo alla prova il bambino e proponendogli degli obiettivi da raggiungere che però siano alla sua portata e non ponendogli di fronte obiettivi troppo grandi, in modo tale da puntare sul suo miglioramento rispetto allo status iniziale.

“Anche l’incoraggiamento ha un ruolo potente nel favorire la sensazione di potercela fare. È davvero importante verbalizzare di fronte ai nostri figli e ai nostri studenti che siamo convinti che possano riuscire: in questo modo faranno propria l’idea di avere ciò che occorre per raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati e si sforzeranno per raggiungerli. Io lo dico spesso: un incoraggiamento muove più di cento rimproveri”, così come ci spiega la docente di Psicologia dello sviluppo.


Un altro aspetto sul quale puntare è proprio quello della resistenza: fronteggiare delle sfide, infatti, potrebbe comportare stress ed i ragazzi potrebbero sentirsi sotto pressione e quindi sarà necessario stimolarli sin da piccoli così da imparare ben presto a conoscere se stessi, i propri limiti, comprendendo in anticipo quale sia il carico che riusciranno a gestire.

La maggior parte degli studenti preferisce svolgere compiti semplici mentre solo pochi prediligono compiti più difficili, così da sperimentare le proprie abilità: questo si verifica perché hanno molta paura di sbagliare ed il fallimento viene spesso interpretato come una mancanza di capacità.


Ed allora occorre un cambio di prospettiva: l’alunno va a scuola per imparare cose nuove, acquisire maggiori abilità, e non per ottenere giudizi positivi.

“Chi va a scuola per la voglia di apprendere incontrerà soprattutto emozioni piacevoli, quali la curiosità, la sensazione di ingaggiare una sfida accessibile, la soddisfazione. Chi invece avrà come obiettivo quello di ottenere un bel voto sperimenterà, in massima parte, il timore di non farcela”, in tal modo continua la sua disamina Daniela Lucangeli.

Si è diffusa, infatti, la convinzione errata che ci sia chi è portato per lo studio e chi no: ciò è molto deleterio perché l’alunno ricerca la conferma della sua bravura e teme il fallimento.


“Sarebbe, invece, importante aiutare gli studenti a far propria l’idea che le abilità possono svilupparsi, possono migliorare con l’impegno e l’esercizio. La possibilità di miglioramento è provata dalla scienza attraverso gli studi sulla plasticità cerebrale: se perfino chi ha subito dei danni cerebrali può recuperare delle funzioni perse cosa ci impedisce di pensare che uno studente, con il giusto esercizio, non possa migliorare la propria abilità di lettura, o di calcolo?”, così come sottolinea la stimata scienziata.

Occorre, dunque, una corretta interpretazione dell’insuccesso: ciò che motiva uno studente, infatti, non è il successo ma percepire un’attività come fattibile, ritenendosi all’altezza della situazione e quindi nutrendo l’aspettativa di una buona riuscita; non sarà quindi l’incapacità ad aver condotto ad un esito negativo ma il buon maestro saprà porre l’accento su altre variabili come l’impegno profuso o le strategie utilizzate, così che lo studente possa adoperarsi maggiormente e raggiungere gli obiettivi prefissati con soddisfazione, migliorando le sue abilità ed acquisendo piena consapevolezza di se stesso.

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di VALENTINA TROPEA

1 commento


Ospite
12 lug

La Lucangeli è veramente incantevole quando parla... Un articolo ben fatto

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