Crepet: “Educare alla perfezione toglie creatività. I giovani devono imparare a cadere sette volte per rialzarsi otto. La forza dell’errore e della resilienza"
- La Redazione

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Aggiornamento: 3 giorni fa
“Cercare la perfezione, educare alla perfezione è opera cieca, priva di quell’emotività che fa sì che un bambino possa tirare fuori da sé qualcosa di…”

“Ci sono tanti modi per tenere allenato il pensiero: il disegno e la scrittura a mano libera sono certamente tra questi. Quando un bambino scrive su un foglio di carta o disegna, non potrà mai ripetere la stessa cosa: tutto dipende non solo dalla tecnica che evolve, ma soprattutto dall’emotività di quel momento.
Se si chiede a un bimbo di riscrivere o di ridisegnare lo stesso soggetto in modo identico, non potrà riuscirci, mentre con un computer tutto apparirà più semplice e meno mentalmente faticoso. Se una bambina prendesse una Pencil (ovvero lo strumento che si utilizza su certi tablet per scrivere sullo schermo) e volesse disegnare una casetta, ci proverebbe e probabilmente, soprattutto se è la prima volta che tenta di farlo, le linee verrebbero un po’ sbilenche e la casa storta; se lo facesse con una matita o con un pennarello, l’errore o l’incertezza rimarrebbero evidenti e la bambina capirebbe immediatamente che dovrebbe riprovarci con maggiore attenzione, soprattutto se comparasse il suo disegno a quello di altri bambini e bambine che stanno facendo lo stesso esercizio.
Con lo strumento digitale, invece, l’errore verrebbe immediatamente rettificato da un software e il disegno della casetta risulterebbe perfetto, più o meno come quello di ogni altro bambino della sua età. Una vera bestemmia nei confronti dell’umanità: ogni bambino disegnerebbe in maniera ripetibile e non dissimile da altri”, queste le parole del sociologo e psichiatra Paolo Crepet attraverso le quali si vuole ribadire come la perfezione sia una «livella» che rende tutti uguali, privando il bambino di quella capacità creativa che cresce grazie agli sbagli.
“Cercare la perfezione, educare alla perfezione è opera cieca, priva di quell’emotività che fa sì che un bambino possa tirare fuori da sé qualcosa di ancora meglio, perché il meglio non è mai abbastanza, c’è sempre qualcosa di più da fare. I risultati vengono dalla capacità di accanirsi in ciò che si vuole fare, pretendendo il massimo da se stessi. È la cocciutaggine che aiuta a fare un’impresa, ma se abituiamo i nostri piccoli a usare strumenti che non sbagliano mai, come potranno imparare? La perfezione fa crescere la saccenteria, l’idea di saper fare tutto senza aver avuto la capacità e la voglia di imparare a fare qualcosa. E di questi esempi nella nostra classe dirigente ce ne sono in abbondanza”, in tal modo lo psichiatra continua la sua ragguardevole disamina invitando ad una profonda riflessione.
Si pensi, ad esempio, ad un bambino che attraverso il gioco esercita la sua intelligenza, inizia a scoprire il suo talento, anche quello più nascosto.
Dunque, se non si permetterà ad un bambino di sbagliare sin da piccolo, allora ben presto quel bambino diventerà un adulto fragile, con poca autostima in se stesso, che avrà paura del suo talento.
“Compito di un genitore non è quello di tenere sempre abbassato il ponte levatoio di casa nella speranza di veder ricomparire i figli delusi da un tentativo che non è andato bene”, così come ci spiega lo psichiatra senza esitazione ma con grande forza e determinazione.
Occorre, pertanto, far capire ai giovanissimi che per raggiungere dei risultati sarà necessaria tanta caparbietà, cocciutaggine, perseveranza, bisognerà provare e riprovare, e si potrà anche sbagliare, ma non si dovrà mai temere il giudizio altrui: la perfezione non esiste e si dovrà cadere per imparare a rialzarsi, così trasformando ogni errore in una straordinaria opportunità di crescita.
Nulla deve essere scontato, nulla è dato per sempre, ma tutto porta a un tentativo, a un impegno capace di sollecitare creatività e progettualità.
“Ovunque un giovane scelga di vivere, qualsiasi cosa provi a fare, il suo agire deve essere valutato: più grande è la propensione al nuovo, meno scontato è l’esito, più profonda sarà la soddisfazione. La grandezza di una persona non si misura soltanto su ciò che costruisce, ma anche sulla sua capacità di ricominciare; per questo i tentativi, e gli errori connessi, sono fondamentali: la vita insegna che si cade sette volte per rialzarsi otto”, in tal modo conclude la sua profonda riflessione Paolo Crepet.
Occorre, pertanto, porre l'accento sull'essenza e non sull'apparenza, dimostrando ai giovanissimi come la grandezza di una persona scaturisca in primis proprio dalla sua capacità di ricominciare, di andare avanti anche quando la vita sembra essere ingiusta e crudele nei suoi confronti, dalla sua capacità di rialzarsi dopo una brutta caduta, perché ciò che conta veramente è agire senza mai fermarsi, spiegare le ali contro vento senza avere paura di fallire perché la perfezione non esiste e noi abbiamo solo il diritto di essere felici.
di VALENTINA TROPEA






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