Violenza sulle donne, non c’è più tempo: la prevenzione nasce sui banchi di scuola e richiede l’impegno di tutta la società
- La Redazione
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Ancora un 25 novembre e ancora una celebrazione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne senza che qualcosa sia davvero cambiato: serve un’educazione che inizi a scuola e un impegno reale da parte di tutti.

"Ancora un 25 novembre e ancora una celebrazione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne senza che qualcosa sia cambiato. Non le leggi, che ci sono ma stanno mostrando inaudita debolezza sul piano dell’applicazione, non il sistema di prevenzione che stenta a far emergere le situazioni di abuso, non un’educazione alla cultura del rispetto che si traduca in uguaglianza, autonomia e libertà reciproca.
I numeri sui crimini del 2025, afferma la Flc Cgil, danno una prima indicazione, ma si riferiscono agli eventi più rilevanti per i mezzi di informazione: i femminicidi in leggera flessione, i tentati femminicidi in aumento, gli accessi al Pronto soccorso in crescita esponenziale, così come le denunce. Ovvero dati che testimoniano quanto il fenomeno della violenza sulle donne sia attuale e diffuso, radicato in un mondo sommerso dove la relazione tossica è ignorata, sottostimata e spesso vissuta con rassegnata subordinazione.
È su questo punto che va costruita la consapevolezza dei maschi e delle femmine, con un percorso lento e partecipato che nulla ha a che fare con l’indignazione del momento; quale miglior sede della scuola, e quali migliori professionisti se non i docenti e l’intera comunità per rendere possibile questa formazione, accompagnando ragazze e ragazzi nelle delicate fasi che caratterizzano i rapporti tra pari e con gli adulti di riferimento?
Purtroppo la lettura che ne fa una parte della società, quella ben rappresentata dalle forze di governo, sull’educazione affettiva e in particolare sulle tematiche dell’ambito della sessualità va in direzione diversa, investendo di una competenza esclusiva e ossessiva la famiglia, sempre narrata al di là di ogni evidenza di cronaca, come perfetto contesto di crescita.
Il richiamo è al DDL n.2423 sul “consenso informato preventivo”, norma in discussione alla Camera che imporrà limitazioni operative alle attività del PTOF riguardo ai temi della sessualità prevedendo, tra l’altro, l’autorizzazione scritta dei genitori alla partecipazione del/la figlio/a previa messa a disposizione, per opportuna visione, del materiale didattico che si intende utilizzare per le attività medesime.
L’intervento smodato del Ministro Valditara durante il dibattito in Aula è, per schematismo, in linea con quanto viene scritto sul sito stesso del MIM: “i femminicidi non si combattono con l’educazione sessuale”, affermazione condivisa con altri ministri che riduce a tragica battuta una realtà complessa nel tentativo di svilire la capacità della scuola di affrontare, senza paternalismi, i dubbi e le richieste dei giovani.
Invocare strumentalmente l’art.30 della Costituzione per rivendicare il diritto dei genitori a scegliere l’attività extracurricolare deliberata nel PTOF in ambito di sessualità, oppure “l’ora alternativa”, vuol dire essere alieni alle dinamiche educative, perché significa mettere un limite alle opportunità di conoscenza nel delicato passaggio adolescenziale, soprattutto per chi vive in contesti familiari chiusi e difficili. Il discorso appare ancora più grave quando tale limite diventa uno sbarramento alla formazione dei bambini e bambine delle scuole d’infanzia e primaria dove proprio parlare di accettazione e relazioni positive contribuisce a destrutturare quegli stereotipi che sono alla base di pregiudizi, discriminazioni di genere e comportamenti prevaricatori.
Circoscrivere l’esclusivo perimetro familiare sui temi in ambito di sessualità è l’ennesima prova di una visione reazionaria che conferma l’arretratezza del nostro Paese. Altrimenti, zelanti ministri non chiederebbero “evidenze scientifiche di correlazione” tra educazione e prevenzione dei femminicidi, né tirerebbero in ballo il codice genetico del maschio predatore come legge di natura. Bensì si impegnerebbero per promuovere strumenti culturali, diffondere fiducia nella scuola anziché farla sorvegliare, attivare politiche integrate e soprattutto finanziate, magari tacendo con rispetto davanti ad un’emergenza che nemmeno comprendono appieno." Questo è quanto ha affermato la Flc Cgil nel suo comunicato.
di LA REDAZIONE
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