Recalcati: “Un insegnante vero è un muro che fa nascere il desiderio di sapere. Una sfida che spinge gli studenti a mettersi in gioco, alimenta motivazione, autonomia e responsabilità"
- La Redazione

- 1 ora fa
- Tempo di lettura: 2 min
L'insegnante efficace non toglie ostacoli: crea la soglia che fa scattare la curiosità e rende lo studio un atto di desiderio...

La funzione svolta dall’insegnante, in qualità di educatore, appare di notevole importanza e presuppone una grande responsabilità, dovendo garantire la formazione e l’istruzione delle nuove generazioni, futura classe dirigente.
A tal proposito ci si chiede se, nell’ambito del processo di apprendimento, l’insegnante debba trasformarsi in un “facilitatore”, cercando di semplificare il più possibile le nozioni da trasmettere, oppure possa essere anche un po’ difficile.
In tale prospettiva lo psicoanalista e saggista italiano Massimo Recalcati richiama alla mente il giovane Pasolini che, impegnato nella sua professione di maestro, riteneva che il compito primo di un insegnante è proprio quello di “svegliare nell’alunno la coscienza della intelligenza”. Pertanto lo sforzo di ogni maestro non doveva essere quello di semplificare, ma anzi di “essere difficile”, in quanto il «difficile» è sempre «il nuovo», ovvero quello che non appartiene al già visto, al già conosciuto, al già detto.
Dunque alimentare la curiosità negli allievi significa sostanzialmente accendere il fuoco del desiderio di sapere, così come ci spiega con grande destrezza Massimo Recalcati.
“Essere difficili non scoraggia la ricerca ma la promuove. Si tratta di una postura fondamentale del maestro. Incarnare una quota di oscurità o di incompiutezza si rivela tanto decisivo quanto il gesto di portare alla luce”, queste le significative parole del saggista italiano grazie alle quali poter continuare la sua splendida disamina.
Ed è proprio in tale incompiutezza che si rivela il gesto più proprio del maestro: “non chiudere, ma aprire, non definire una volta per tutte ma tornare sui propri passi, riprendere, ridire, fallire meglio”.
Pertanto il maestro deve assomigliare un po’ ad un muro che appare difficile da scavalcare; eppure proprio quel muro, anziché scoraggiare il desiderio di sapere, lo incrementa.
Ecco perché Lacan menziona la parola amour che nella lingua francese porta con sé quella del muro, di una “parete che separa in modo inesorabile”.
“Il maestro incarna l’inassimilabile al già noto, al già conosciuto, al già saputo. È un maestro difficile. L’impatto con il muro che la sua presenza istituisce non concerne una severità priva di umanità, un’apatia lontana o una superiorità indifferente. Tutto il contrario. Il maestro-muro mette in gioco una differenza sostanziale, una asimmetria che non può essere cancellata tra la sua responsabilità e quella dei suoi allievi”, in tal modo lo psicoanalista continua la profonda riflessione.
Dunque il farsi muro del maestro favorisce l’emergere di un desiderio di sapere nuovo.
“L’essere «difficile» del maestro non significa essere volutamente oscuri, né difendere una concezione elitaria del sapere né, tantomeno, fare equivalere disciplinarmente, alla Foucault, il sapere al potere, ma suscitare il desiderio di valicare un limite, di oltrepassare una soglia, di farsi catturare dall’enigma che il desiderio di sapere del maestro costituisce per l’allievo”, queste le parole attraverso le quali Massimo Recalcati culmina la sua considerevole riflessione.
di VALENTINA TROPEA






.jpg)




















%20(2).jpg)
.jpg)



















Commenti