Carta docente precari, 3.000 euro più interessi a un docente precario con alle spalle sei supplenze annuali, svolte tra il 2019 e il 2025. Le vittorie continuano ad arrivare...
- La Redazione
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"I tribunali del lavoro continuano a pubblicare sentenze che condannano l’amministrazione a risarcire gli insegnanti precari per la mancata assegnazione nei loro confronti della Carta del Docente: una delle ultime decisioni è ... "

I tribunali del lavoro continuano a pubblicare sentenze che condannano l’amministrazione a risarcire gli insegnanti precari per la mancata assegnazione nei loro confronti della Carta del Docente: una delle ultime decisioni è stata espressa dal giudice di Padova, sezione Lavoro, che ha dato piena ragione ai legali Anief operanti in difesa di un docente con alle spalle sei supplenze annuali, svolte tra il 2019 e il 2025, senza ricevere un euro per aggiornarsi professionalmente; dopo avere esaminato norme e cause giudiziarie precedenti, il tribunale veneto ha quindi decretato il risarcimento per il docente pari a 3.000 euro complessive, a cui aggiungere anche gli interessi maturati nel corso degli anni passati.
Nella sentenza, il giudice del lavoro ha innanzitutto ricordato che “le prescrizioni dell’art. 4 della Direttiva 1999/70/CE sono da tempo considerate direttamente applicabili nel nostro ordinamento (cfr. sentenza CGUE Gaviero, cause riunite 444/09 e 456/09 «La clausola 4 punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70, è incondizionata e sufficientemente precisa da poter essere invocata nei confronti dello Stato da dipendenti pubblici temporanei dinanzi ad un giudice nazionale»); di conseguenza i giudici nazionali, tenuti ad assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale che deriva dalle norme del diritto dell’Unione e a garantirne la piena efficacia, debbono disapplicare, ove risulti preclusa l’interpretazione conforme, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 8.11.2011, Rosada Santana punti da 46 a 56, cfr. Cass. 9.6.2021 n. 16096)”.
Quindi, la sentenza riporta che “sulla questione della compatibilità con il diritto dell’Unione europea dell’esclusione dalla fruizione della Carta docente da parte del personale docente a tempo determinato è recentemente intervenuta la Corte di Giustizia a seguito di domanda pregiudiziale ex art. 267 TFUE. La Corte ha ritenuto che «l'indennità di cui al procedimento principale deve essere considerata come rientrante tra le «condizioni di impiego» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro. Infatti, conformemente all'articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, tale indennità è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero, e di valorizzarne le competenze professionali. Inoltre, dall'adozione del decreto-legge dell'8 aprile 2020, n. 22, il versamento di detta indennità mira a consentire l'acquisto dei servizi di connettività necessari allo svolgimento, da parte dei docenti impiegati presso il Ministero, dei loro compiti professionali a distanza. Il giudice del rinvio precisa altresì che la concessione di questa stessa indennità dipende in modo determinante dall'effettiva prestazione del servizio da parte di tali docenti»”.
“Sulla base di tale premessa – rammenta ancora il tribunale del lavoro di Padova - la Corte di Giustizia ha affermato che «la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di EUR 500 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica”. Sempre il giudice del lavoro di Padova, ha poi “ricordato che le sentenze interpretative della CGUE, precisando il significato e la portata del diritto dell’Unione, hanno effetto retroattivo, salvo il limite dei rapporti esauriti, con efficacia erga omnes nell'ambito dell'Unione (cfr. Cass. 8.02.2016, n. 2468) e sono vincolanti per i giudici nazionali; anche il Consiglio di Stato, nella pronuncia n. 1842 del 16.03.2022 ha ritenuto che la scelta ministeriale forgi un sistema di formazione “a doppia trazione”: quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico”.
“In particolare, secondo il C.d.S., «un tale sistema collide coni precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A. […] è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione di un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un'altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla: non può dubitarsi, infatti, che, nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l'erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell'insegnamento fornito agli studenti. Ma se così è - e invero non si vede come possa essere diversamente, altrimenti si manterrebbero nell'insegnamento docenti non aggiornati, né formati - il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un'aliquota di esso”.
Inoltre, sempre il tribunale veneto ha rammentato che “la materia della formazione professionale dei docenti non è stata sottratta alla contrattazione collettiva. Conseguentemente, non si è ritenuto corretto affermare la prevalenza della disciplina di cui all'art. 1, commi 121 e segg., della l. n. 107/2015 sulle preesistenti disposizioni del C.C.N.L. di categoria e, in specie, sugli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. del 29 novembre 2007 che pongono a carico dell’Amministrazione l’obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo determinato e indeterminato strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio. «E non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la Carta del docente, di tal ché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti), così colmandosi la lacuna previsionale dell'art. 1, comma 121, della l. n. 107/2015, che menziona i soli docenti di ruolo: sussiste, infatti, un'indiscutibile identità di ratio - la già ricordata necessità di garantire la qualità dell'insegnamento - che consente di colmare in via interpretativa la predetta lacuna» (così Cons. Stato 16.03.2022, n. 1842)”.
La conclusione della sentenza non fa una piega: “La formazione e l'aggiornamento del docente – si legge - non può che essere considerata identica sia per i docenti assunti a tempo indeterminato che per quelli assunti a tempo determinato. A ragionare diversamente, infatti, si dovrebbe ipotizzare che l'attività svolta dai docenti cosiddetti precari possa essere caratterizzata da un minor grado di aggiornamento rispetto al personale docente, il che certamente risulterebbe irragionevole ed in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza e finirebbe anche con il ledere il diritto all'istruzione costituzionalmente garantito, perché, in tal modo, si avrebbe un corpo docenti la cui formazione è differenziata a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, si sofferma sul fatto che “sulla Carta del docente non assegnata ai precari, ad alcuni giudici del lavoro, come è accaduto a Padova alcuni giorni fa, basta ricordare i pareri loro favorevoli del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia Europea, entrambi espressi nel 2022, senza neanche citare l’altrettanto importante posizione espressa, l’anno dopo, dalla Corte di Cassazione. Tutti quanti sono legati da un comune denominatore: un supplente o ex supplente che chiede il supporto per la sua formazione personale fa bene a presentare ricorso gratuito con Anief, perché in tal modo alla lunga ha altissime possibilità di recuperare fino a 3 mila euro, a cui aggiungere anche gli interessi nel frattempo maturati”.
di LA REDAZIONE
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