TUPINI: TUO FIGLIO NON È PIGRO, STA MALE E STA CERCANDO IL TUO AIUTO. IL MESSAGGIO CHE DIVENTA VIRALE
- La Redazione
- 12 giu
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 15 giu
Se tuo figlio si chiude in camera e non ha voglia di uscire, non è svogliato. È un grido d’aiuto. Ma puoi ancora raggiungerlo, se impari ad ascoltarlo.

È diventata virale con un video che spacca il cuore e la coscienza dei genitori. Gabriella Tupini, psicologa e divulgatrice, rompe il silenzio emotivo che spesso circonda le famiglie. E lo fa con parole semplici, ma disarmanti.
Su TikTok e YouTube i suoi video fanno milioni di visualizzazioni, ma non sono le solite pillole motivazionali da scorrere senza pensarci. Sono piccole scosse. Di verità. Di empatia. Di rottura. Perché la Tupini non accusa, non consola, ma spiega. E in uno dei suoi interventi più condivisi racconta una realtà che molti genitori non vogliono vedere:
“Il genitore dice: ‘Eh, ma io c’ho mio figlio o mia figlia che sta sempre a letto, non gli va di fare nulla, sempre con quel telefonino. È pigro.’ No. Sta male.”
Secondo la psicologa, quando un ragazzo smette di reagire, non è svogliato: è in crisi. Non ha stimoli, non ha senso, non ha futuro. E la casa, invece che un nido, spesso è percepita come un luogo sterile, emotivamente spoglio.
“Una persona sana ha voglia di fare, di uscire. Se va a una festa è perché lì c'ha una speranza. Ma a casa? A casa non gli arriva niente di buono.”
Tupini ha il coraggio di dire ciò che molti pensano e pochi ammettono: spesso i genitori non riescono ad aiutare i figli perché sono, a loro volta, figli feriti. Cresciuti in famiglie disfunzionali, senza strumenti emotivi, senza modelli di empatia. E quel dolore si tramanda, come una catena invisibile.
“I genitori magari hanno anche ragione a non riuscirci, perché pure loro sono tristi per l’infanzia che hanno avuto. E noi non siamo capaci di capire gli altri. Tanto è vero che li giudichiamo.”
Ma non tutto è perduto. Il cambiamento, secondo l’esperta, passa da una parola dimenticata: gioco. Ridere, scherzare, creare spazi affettivi dove i figli possano sentirsi accolti e non analizzati, ascoltati e non valutati.
“Occorre che i genitori facciano uscire la parte bambina che è in loro, quella che è stata ferita, delusa, ma che ora ha l’opportunità di riprendersi ciò che non ha avuto. E solo così possono curare anche le ferite dei figli.”
Questa è la rivoluzione silenziosa che Tupini propone. Una rivoluzione fatta di ascolto, consapevolezza, cura. Dove la psicologia non è più una torre d’avorio, ma uno specchio. Uno spazio dove figli e genitori si guardano, si riconoscono, si salvano.
di NATALIA SESSA
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