Scuola, studente uccide collaboratrice scolastica. La donna 31enne era madre di un bimbo di 4 anni
- La Redazione
- 11 giu
- Tempo di lettura: 2 min
Un dramma in una scuola ci richiama a un’urgenza: ripensare l’educazione per prevenire la violenza e prendersi cura dei giovani.

Un tragico evento si è verificato in una scuola francese: uno studente di soli 14 anni ha ucciso una collaboratrice scolastica con diversi colpi d’arma da taglio. La giovane vittima aveva 31 anni ed era madre di un bambino di 4 anni. Il ragazzo ha colpito la collaboratrice scolastica mentre questa era intenta a controllare gli zaini degli studenti all’ingresso della scuola.
Il ragazzino non aveva precedenti penali. Era già stato sospeso due volte nei mesi scorsi per comportamenti indisciplinati, ma nulla aveva mai fatto presagire un gesto così folle.
Sul posto erano presenti dei gendarmi per altri controlli che, a seguito dell’accaduto, hanno prontamente arrestato il giovane. Le indagini sul caso sono ancora in corso. L’ipotesi più plausibile è che il ragazzo soffrisse di un disagio psicologico. Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente Macron, definendo l'accaduto “un’insensata esplosione di violenza”. Il presidente ha inoltre ribadito il suo impegno per garantire la sicurezza del personale scolastico e degli studenti.
Davanti a tragedie come questa, che lasciano tutti un sentimento di profondo dolore, che oggi ha avuto il triste epilogo in Francia ma che potrebbe ripetersi in qualsiasi altro paese, non possiamo limitarci a chiedere più controlli o maggiore sicurezza: dobbiamo tornare a interrogarci sull’educazione. Un ragazzo di 14 anni non diventa improvvisamente violento. È il risultato di un vuoto, di un dolore non ascoltato, di segnali trascurati.
Educare significa accorgersi prima, fermarsi prima, esserci prima.
Ecco perché non possiamo abbandonare la scuola, né chi la vive ogni giorno tra mille fragilità. Serve una comunità educante che non lasci soli né gli adulti né i ragazzi. Perché l’educazione, quella vera, è sempre prevenzione. E forse, anche salvezza.
di NATALIA SESSA
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