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Pellai: occorre insegnare ai giovani quali siano i valori importanti della vita, promuovendo il rispetto reciproco e l'umanizzazione delle relazioni anche a costo di essere impopolari

Immagine del redattore: La RedazioneLa Redazione

Pellai: "Oggi servirebbe una politica meno desiderosa di popolarità e più attenta ai valori di cui dovrebbe essere referente e garante. Ma servirebbe anche un mondo di artisti che sfuggisse alla regola...


La questione del concerto di Capodanno a Roma, con specifico riferimento al caso di Tony effe, ha suscitato un acceso dibattito ed Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, ha espresso il suo pensiero in merito:

"In questi giorni abbiamo assistito ad una levata di scudi collettiva a difesa di Tony Effe con la motivazione che la musica non deve essere imbavagliata dalla politica. Questo è certamente vero. In una democrazia, la politica non ha il diritto di imporre ad un artista che cosa si può dire e che cosa non si può dire. Altrimenti creerebbe una “cultura di regime”. Nel caso di cui tutti stanno parlando e commentando, però, la questione è un’altra.


L’artista non è sottoposto a censura, infatti nella stessa sera in cui non terrà il concerto pubblico, potrà tenere un concerto in un altro spazio, aperto al suo pubblico e organizzato dal suo team di produzione. Quindi la sua libertà di espressione e quella del suo pubblico di poterlo ascoltare è preservata. Ora però, vale la pena approfondire un’altra questione. Il concerto che poi è stato annullato era pagato con fondi pubblici, ovvero con il denaro di noi cittadini. Lo stesso denaro con cui si cerca di promuovere una nuova cultura intorno ai temi del rispetto, della prevenzione, della violenza di genere, dell’educazione emotiva, affettiva e sessuale.

I contenuti portati dall’artista al suo pubblico sono intrisi di messaggi e contenuti fortemente sessisti, irrispettosi, volgari che rappresentano l’esatto opposto di ciò che andiamo a promuovere con le attività di prevenzione della violenza di genere. Responsabilità etica dell’artista è prendere consapevolezza di ciò che propone al suo pubblico, costituito soprattutto da giovanissimi che intorno a quei messaggi sviluppa attitudini e norma sociali. Responsabilità dello stato è promuovere e favorire una cultura che si fa portatrice dei valori su cui fonda le proprie basi democratiche e i valori che vuole proporre (e non imporre) ai propri cittadini.


Per me, il caso legato all’annullamento del concerto di Tony Effe è esemplare di un’enorme superficialità con cui la politica (o almeno alcuna politica) si muove oggigiorno. Il primo pensiero dei politici, molte settimane fa, deve essere stato: “chi sono gli artisti più amati dai giovani?”. Tony Effe si trovava tra questi e quindi subito la politica ha cercato di reclutarlo per il concerto di fine anno, così da far vedere che essa sa stare in ascolto dei giovani. Chi lo ha reclutato, lo ha fatto semplicemente sulla base del principio della popolarità. Una volta, annunciato il programma del concerto di fine anno, sono sorti i problemi. Perché, giustamente, chi oggi promuove prevenzione trova ingiusto che si spendano soldi pubblici per sostenere un artista che non ha una visione etica di temi su cui oggi si deve necessariamente averla. Le contestazioni hanno obbligato la politica a rivedere la decisione già presa. L’annuncio dell’annullamento si è rivelato uno straordinario boomerang per i politici e un assist incredibile per l’artista. Che così è diventato il simbolo della democrazia da difendere e tutelare contro un regime che spegne la voce di chi non gli aggrada. Ora, io penso che il pensiero da diffondere sia un altro. La fuori c’è un mondo di persone che dice e canta cose che, secondo un’etica del rispetto e dalla promozione di una adeguata cultura di genere, non si dovrebbero dire e cantare. Sono i fautori di un “curriculum parallelo” che continua a entrare nelle vite dei nostri figli e figlie e che dice l’esatto opposto di ciò che la comunità educante prova a diffondere nel curriculum ufficiale, ovvero quello di scuole ed agenzie educative. Quel curriculum parallelo esiste non perché diffonde una nuova cultura di cui il mondo ha bisogno, ma perché muove un enorme profitto, andando a titillare e stimolare gli istinti più bassi. In queste settimane, si è spesso citata qualche canzone di cantautori del passato come Vasco Rossi, affermando una sorta di equivalenza tra lui/loro e gli artisti della trap e del rap. E’ vero anche Vasco Rossi ha spesso portato sul palco messaggi trasgressivi, ma le sue canzoni sono sopravvissute ai decenni non certo per il loro “contenuto trasgressivo”, ma per una poetica, una complessità e compiutezza che è andata molto al di là del singolo testo di questa o quella canzone. Essendo padre di figli che giornalmente ascoltano la musica di oggi, mi sono immerso più e più volte nei testi e nella musica degli artisti del rap e del trap e ho spesso percepito che nei loro testi la trasgressione fine a se stessa fosse il codice prevalente. Comparazioni a parte, nessuno di noi vorrebbe che un insegnante dei nostri figli entrasse in classe dicendo parolacce, chiamando le ragazze in modo volgare, descrivendo atti sessuali con lo stile e il codice della pornografia. Tutto questo esiste nelle canzoni di questi artisti. La vera rivoluzione avverrà quando essi stessi, in quanto uomini, padri, compagni di vita, si renderanno conto che la trasgressione vera che serve oggi è quella che celebra l’umanizzazione delle relazioni e non il suo contrario.

E questa levata di scudi di tutti gli artisti che oggi parlano in difesa del loro collega, dovrebbe esistere anche contro testi e messaggi irrispettosi e violenti, altrimenti è inutile organizzare mega-concerti contro la violenza di genere e rilasciare dichiarazioni contro il sessismo e la mascolinità tossica, che rappresenta il messaggio centrale di molti testi dell’artista che ha visto annullato il proprio concerto. La trasgressione è tale se non normalizza ciò che va a trasgredire. Alcuni artisti cantano la trasgressione in modo così intensivo e ripetuto da ottenere il risultato di normalizzarla. In conclusione: oggi servirebbe una politica meno desiderosa di popolarità e più attenta ai valori di cui dovrebbe essere referente e garante. Ma servirebbe anche un mondo di artisti che sfuggisse alla regola del Gatto e la Volpe, famosi per essere interessati solo agli Zecchini d’Oro che Pinocchio aveva in tasca e totalmente disinteressati a proteggerlo e farlo crescere capace, competente e umano. Io trovo che anche il dibattito degli intellettuali, in questo senso, sia davvero scarso. Si condanna chi sbaglia a dire una parola con la vocale sbagliata e al tempo stesso non si interviene di fronte a progetti culturali che di vocali giuste non ne hanno nemmeno una. E non lo si fa, per rimanere nel mainstream. Appunto, per rimanere popolari. Mentre oggi c’è bisogno di essere molto, ma molto impopolari. E di questo, forse, il sindaco di Roma, non si era accorto".



di VALENTINA TROPEA



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