Recalcati: "Un bravo insegnante ama chi impara. Ma cosa rende speciale l’allievo che sbaglia? L'esperto ci indica le 5 qualità che fanno la differenza a scuola"
- La Redazione

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Non esistono allievi ideali, sono i difetti e le singolarità a rendere unica ogni storia di apprendimento. Ma quali sono i maestri che lasciano il segno?

La scuola svolge un ruolo di fondamentale importanza nel processo formativo e di crescita dei giovanissimi ed è per tale motivo che lo psicoanalista e saggista italiano Massimo Recalcati pone l’accento proprio sulla figura del maestro, evidenziando la stretta correlazione esistente tra ripetizione ed invenzione nell’ambito del processo di trasmissione del sapere.
“La ripetizione è una componente essenziale della didattica. Coinvolge l’insegnante, che è tenuto a ripetere un programma, un autore, a ripercorrere testi che già conosce, e l’allievo, sottomesso alla legge della ripetizione. L’adolescente tende a rigettare la ripetizione, domanda il nuovo. Il nostro compito è mostrare che la ripetizione non è nemica dell’invenzione, ma che è anzi lo sfondo che la rende possibile, che non è un’emancipazione dalla ripetizione ma è una piccola torsione della ripetizione”, queste le significative parole attraverso le quali lo psicoanalista inizia la sua profonda riflessione.
Pertanto ogni vero apprendimento presuppone il salto necessario che l’allievo deve compiere dalla ripetizione scolastica alla creazione e all’invenzione di un proprio stile singolare perché “l’invenzione non scompagina la ripetizione ma sorge dalla ripetizione”.
Ed allora quali sono le peculiarità e le caratteristiche tipiche che un maestro deve possedere perché possa essere definito un vero insegnante?
Secondo Massimo Recalcati “i veri insegnanti non sono quelli che ci hanno riempito la testa con un sapere già costituito, dunque già morto, ma quelli che vi hanno fatto dei buchi al fine di animare un nuovo desiderio di sapere. Sono quelli che hanno fatto nascere domande senza offrire risposte precostituite.[...] Per questo si può dire che ogni bravo insegnante non è tanto colui che sa, ma colui che, per usare una bella immagine del padre sopravvissuto celebrato da Cormac McCarthy in ‘La strada’, sa «portare il fuoco».
Non è qualcuno che istruisce raddrizzando la pianta storta, né qualcuno che sistematicamente trasferisce i contenuti da un contenitore a un altro, secondo schemi o mappature cognitive più o meno raffinate, ma colui che sa portare e dare la parola, sa coltivare la possibilità di stare insieme, sa fare esistere la cultura come possibilità della Comunità, sa valorizzare le differenze, la singolarità, animando la curiosità di ciascuno senza però inseguire un'immagine di «allievo ideale». Piuttosto, esalta i difetti, persino i sintomi, le storture di ciascuno dei suoi allievi, uno per uno. È, insomma, qualcuno che, innanzitutto, sa amare chi impara, il che significa che sa amare la vite storte”.
Dunque un buon insegnante è colui in grado di amare chi impara: si tratta di una soddisfazione molto superiore a quella dell’essere amati, generando un desiderio nuovo e intravedendo una vita che si mette in movimento.
Non esiste, pertanto, un’immagine di “allievo ideale” ma il vero maestro è colui in grado di valorizzare ogni studente nella sua unicità, singolarità ed imperfezione, animando un nuovo desiderio di sapere, stimolando curiosità ed interesse, così che l’allievo possa giungere dalla ripetizione alla creazione di un proprio stile singolare. Ogni allievo, in tale prospettiva, potrà far rifiorire le proprie passioni, attitudini ed ambizioni, riscoprendo il suo autentico desiderio di sapere.
Per te, lettore che ci segui, cos’è per te un vero insegnante? Quello che spiega tutto oppure quello che incuriosisce e stimola la formulazione di domande?
Scorrendo in basso trovi il box dei commenti: raccontaci la tua esperienza, anche in anonimato, perché da ogni storia può nascere una nuova scintilla di conoscenza.
di VALENTINA TROPEA






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