Pellai: “Lasciamo giocare i bambini! Lasciamo che giochino a pallone e che il loro gioco disturbi il nostro desiderio di quiete senza multarli. Permettiamo ai nostri figli di tornare fuori nel mondo"
- La Redazione
- 9 ore fa
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“Fino a pochi anni fa, gli adulti sapevano tollerare il gioco dei bambini. Tutti erano genitori di tutti. Nessuno voleva che i bambini giocassero in silenzio o rinunciassero al gioco che…”

Consentire ai bambini di trascorrere del tempo assieme, magari all’aria aperta, così da poter giocare e socializzare, rappresenta il presupposto imprescindibile per garantire a ciascuno di loro un’infanzia serena e gioiosa, sviluppando creatività, inventiva ed estro.
È proprio per tale motivo che ha fatto molto discutere la vicenda accaduta a Murano: alcuni ragazzini di età compresa fra i 12 e i 13 anni sono stati multati per aver giocato a pallone in una piazza dove era proibito, a seguito delle denunce dei residenti per disturbo alla quiete pubblica.
A tal fine Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, ha colto l’occasione per esprimere il suo pensiero in tal modo:
“I media hanno raccontato la vicenda di 11 preadolescenti multati a Murano perché giocavano a pallone nella piazzetta adiacente le loro abitazioni dove non ci sono auto e lo spazio è simile a quello di un grande cortile. I ragazzi sanzionati hanno tra i 10 e i 13 anni. Ma le forze dell’ordine, avvertite dai residenti perché il loro è un gioco rumoroso, intervengono e li sanzionano tutti, con una multa da 50 euro. In questa storia, apparentemente quelli sbagliati sono i ragazzi. Lo sono su un piano oggettivo: lo spazio che occupano con la loro attività di gioco è interdetto al gioco dei bambini. In tutta Murano esiste un solo spazio in cui i bambini possono giocare. Quindi le forze dell’ordine che sanzionano su segnalazione dei residenti stanno facendo la cosa giusta secondo la legge. Ma io trovo in questa notizia un’ingiustizia tremenda.
Partecipando alla trasmissione TG1 mattina news ho visto in diretta lo spazio in cui giocavano i ragazzini multati. Era una sorta di grande spazio quadrato su cui si affacciano le finestre dei palazzi di tutti i residenti. In quei palazzi ci sono famiglie con figli. Fino a pochi anni fa, gli adulti sapevano tollerare il gioco dei bambini. Tutti erano genitori di tutti. Nessuno voleva che i bambini giocassero in silenzio o rinunciassero al gioco che, come dice Maria Montessori, è il mestiere dei bambini. Oggi, invece, gli adulti rivendicano il diritto a vedere tutelato il loro bisogno di silenzio, chiedendo che il gioco a palla di una decina di preadolescenti venga interrotto e sanzionato. Oggi più che mai, permettere ai preadolescenti di essere ‘fuori dalla loro stanza’ a giocare a pallone non rappresenta solo un diritto di quei ragazzi, ma un dovere di cui l’intero mondo adulto deve sentire la responsabilità. Ed è anche un compito di sanità pubblica, se vogliamo garantire a chi cresce, il diritto alla salute fisica, psicologica e socio-relazionale. Purtroppo, negli ultimi anni abbiamo sempre più sviluppato un’attitudine adulta che considera l’infanzia un ingombro nelle nostre vite. Abbiamo rinunciato alla genitorialità sociale.
E abbiamo preferito vedere i nostri figli giocare davanti a uno schermo piuttosto che fuori nel mondo. Amministrazioni comunali organizzano convegni e giornate di studio sull’emergenza educativa e poi multano 11 ragazzi che giocano a pallone perché fanno rumore. Voi avete mai giocato a pallone in silenzio? Permettere a quei ragazzi di occupare il suolo pubblico per giocare è la condizione che permetterà a quei ragazzi di non sentire ostile il luogo in cui vivono, sviluppando un senso di appartenenza al loro gruppo di gioco, ma anche al loro territorio di vita. Se non permettiamo ai nostri figli di tornare fuori nel mondo, invece che stare chiusi nelle loro stanza, la loro crescita sarà sempre più a rischio e fragile.
Lasciate giocare i bambini! Lasciate che giochino a pallone e che il loro gioco disturbi il vostro desiderio di quiete”.
Il messaggio che vuole trasmettere Alberto Pellai appare chiaro e manifesto: occorre che i bambini tornino a giocare perché solo in tal modo potranno sperimentare emozioni uniche, sviluppando un senso di appartenenza al loro gruppo di gioco, relazionandosi, accrescendo la propria fantasia, senza rimanere chiusi in una stanza ma tornando fuori nel mondo. Si tratta di un aspetto di notevole importanza perché solo in tal modo ogni bambino potrà mettere alla prova se stesso, confrontandosi con i suoi coetanei, imparando a stare in gruppo: il gioco, dunque, contribuisce allo sviluppo cognitivo, sociale, motorio e linguistico dei bambini.
Con il tempo gli adulti hanno rinunciato alla “genitorialità sociale”, considerando l’infanzia un ingombro nelle loro vite, ed è per tale motivo che spesso hanno preferito che i loro figli giocassero davanti ad uno schermo, chiusi in una stanza, piuttosto che fuori nel mondo.
Si tratta però di una scelta profondamente errata ed occorre un’inversione di rotta: è necessario, infatti, che i bambini tornino a conoscere e sperimentare il mondo attraverso il gioco, anche e soprattutto grazie all’ausilio di genitori ed insegnanti che, in qualità di educatori, potranno ristabilire il giusto equilibrio, ponendo al centro il benessere psicofisico di ogni bambino.
di VALENTINA TROPEA
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