Pellai: Amare significa appartenersi, prendersi cura dell’altro con impegno e dedizione, condividendo un progetto di vita, realizzando se stessi nell’ambito di un rapporto in cui ci si sente protetti
- La Redazione
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Amare significa realizzare pienamente se stessi nell’ambito di un rapporto in cui ci si sente reciprocamente protetti e…

“Nella società liquida del terzo millennio l’instabilità delle relazioni e la fatica di amarsi sembrano aver preso il sopravvento. È sempre più difficile, oggi, vedere come vincente il modello della coppia stabile, perché molti adulti temono che il partner possa rappresentare un limite alla propria libertà e realizzazione.
Per questo l’amore viene spesso considerato come un’avventura, un’esperienza con una data di scadenza, un’opzione più che una necessità vitale. Ma è davvero così? Davvero possiamo vivere rinunciando a ciò che l’amore stabile, quello che nasce dalla reciproca promessa che sarà «per sempre», può dare alla nostra esistenza?”: attraverso tale interrogativo Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, inizia la sua ragguardevole disamina sull’amore stabile, vero e duraturo, considerato oggi fuori moda.
L’amore è una parola che ognuno declina a modo proprio: c’è chi parla di grande amore, chi di piccolo amore, c’è chi considera l’amore come una convenzione oppure ancora chi ne è impaurito perché potrebbe minare la sua libertà è indipendenza.
“Viviamo nell’era del poliamore: tutti possono amare tutti. La fedeltà è controtendenza”, queste le parole dello psicoterapeuta dell’età evolutiva attraverso le quali comprendere come l’amore stabile, quello monogamo, sia oggi profondamente in crisi.
Il numero di coppie che decidono di sposarsi, infatti, è sempre più esiguo ed i giovani temono l’amore duraturo, quasi discostandosene. L’amore appare oggi più un’esperienza che un progetto di vita nel quale credere ed investire.
Eppure l’amore dovrebbe essere la nostra priorità, trasformandosi in motore che muove moltissimo di ciò che siamo, è lui a dare forma a ciò che siamo veramente. Grazie all’amore, infatti, possiamo realizzarci pienamente, riponendo stima e fiducia nella persona con la quale vogliamo trascorrere l’intera esistenza.
Occorre, però, distinguere l’innamoramento dall’amore: siamo tutti istintivamente capaci di innamorarci, ma amare è un’altra cosa.
Quando ci si innamora la dopamina ci inonda e ci sommerge: “lo sguardo dell’innamorato non vede quel che c’è, perché è troppo concentrato a vedere quel che vuol vedere”.
Il passaggio dall’innamoramento all’amore è davvero complesso. L’amore diventa “progetto di vita, ricerca di stabilità e consente di spostare il focus della relazione dall’attrazione alla cooperazione. L’amore esce dal territorio predominante delle emozioni per entrare anche in quello del pensiero razionale. È lì dentro che esso si trasforma in struttura «stabile» della nostra vita; non è più voluto perché desiderato, ma è desiderato perché voluto. Implica impegno e dedizione, ma ciò che si scopre è che se ne riceve in cambio un forte senso di protezione e sicurezza, di felicità e identità”.
In tal caso, dunque, il nostro cervello produce l’ossitocina, definito «l’ormone dell’amore». Il rilascio di ossitocina facilita la propensione alla cooperatività e alla pro-socialità, ci rende disponibili e aperti verso l’altro, capaci di ascolto, empatia e connessione.
L’ossitocina, infatti, è un neuro-ormone che ha la funzione di «collante» e di specchio emotivo.
Amare, dunque, significa appartenersi, esserci sempre, prendersi cura dell’altro con impegno e dedizione, condividendo assieme un progetto di vita, realizzando pienamente se stessi nell’ambito di un rapporto in cui ci si sente reciprocamente protetti ed accolti.
di VALENTINA TROPEA