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Maturità 2025: Riflessione sulla traccia “L’indignazione nei social”. Il testo di Meldosi e Lalli sulle criticità del mondo digitale

"La riflessione degli studenti deve essere critica, dettagliata e deve avere 2 punti cardini... "


La seconda traccia della prova d’italiano all’Esame di Stato 2025, sarà quella di attualità, in particolar modo si tratterà di “Indignazione nei social”, il testo è stato estratto da un pubblicazione su “7-Sette” a cura di Anna Meldosi e Chiara Lalli, due note giornaliste del “Corriere della sera”.

La base di partenza per gli studenti che intendono scegliere tale tema è il seguente testo: 

«L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa? Una nuova ricerca, pubblicata su Science, dimostra che questa reazione emotiva accompagna spesso contenuti discutibili e che chi si scandalizza davanti a una presunta ingiustizia non perde tempo a cliccare sui link, per approfondire e verificare. Così, visto che la mente umana può esprimere giornalmente solo un tot di rabbioso disgusto, finiamo per sprecarlo su questioni irrilevanti per ignorare invece i temi che davvero meriterebbero la nostra irritazione».                                Gli studenti dovranno essere capaci di rielaborare il testo unitamente a considerazioni ed esperienze personali vissute. Chi più degli studenti della generazione Z saprà trarre le giuste considerazioni a riguardo.

Ma cosa si intende per indignazione digitale? È un vero e proprio fenomeno dei giorni nostri, spesso le emozioni negative, la frustrazione, la delusione vengono  rigettate nei social. Ma il testo evidenzia diverse chiavi di lettura, l'indignazione viene spesso usata per questioni di piccola entità lasciando in secondo piano temi realmente importanti. La riflessione degli studenti deve essere critica, dettagliata e deve avere 2 punti cardini: 

  • Efficacia dell’indignazione, quindi, domandarsi se è utile al fine di un vero e proprio giovamento nel contesto sociale. 

  • Utilizzazione dei mezzi social, quindi, chiedersi come gli utenti interagiscono e utilizzano le informazioni disponibili online.   

Unitamente a questi due punti centrali, i maturandi dovranno collegare conoscenze e letture personali, articolando l’elaborato in paragrafi titolati , avente poi un titolo complessivo. La proposta del Ministero potrebbe essere accolta da molti studenti, d'altronde questa è una tematica che li riguarda da vicino, sono spesso protagonisti del mondo social, ma è importante che utilizzino un approccio più critico e consapevole sulle problematiche che circolano online e di fare buon uso delle proprie energie, per essere certi che queste vengano utilizzate per temi davvero rilevanti e non per temi di minore entità. Questa non è una semplice tracce di maturità ma un vero e proprio esercizio di responsabilità sociale, verso se stessi e gli altri. 

Possibile riflessione

1. L’indignazione al tempo dei social: una reazione inflazionata

Nel mondo iperconnesso in cui viviamo, l’indignazione è diventata una costante della comunicazione digitale. Ogni giorno, su ogni piattaforma, assistiamo a una reazione emotiva di rabbia, scandalo o frustrazione di fronte a notizie, immagini o opinioni. Il testo di Anna Meldolesi e Chiara Lalli, proposto come spunto per questa riflessione, mette in discussione proprio questa dinamica: l’indignazione sembra essere diventata automatica, quasi meccanica, e spesso si concentra su temi di poca rilevanza, mentre questioni ben più gravi vengono ignorate o archiviate troppo in fretta. Una recente ricerca pubblicata su Science conferma che il coinvolgimento emotivo non è necessariamente accompagnato da un reale desiderio di approfondimento o comprensione. Ci si scandalizza senza leggere, si commenta senza conoscere. Questo atteggiamento genera una dispersione dell’attenzione e dell’energia collettiva.

2. Rabbia sterile o impulso al cambiamento? L’efficacia dell’indignazione

L’indignazione, di per sé, non è negativa. Anzi, nella storia ha spesso rappresentato il punto di partenza di rivoluzioni civili e culturali. Pensiamo alle grandi mobilitazioni per i diritti umani, per l’ambiente o contro le discriminazioni: tutto è partito da una reazione emotiva forte, da un senso di ingiustizia. Tuttavia, l’efficacia dell’indignazione dipende da ciò che viene dopo. Se si ferma al gesto impulsivo — un post, un commento, una condivisione — rischia di restare un gesto vuoto, autoreferenziale. Se invece si trasforma in approfondimento, dialogo e impegno, allora diventa uno strumento potente di cambiamento sociale.

Un esempio recente che evidenzia il rischio di una reazione emotiva sproporzionata è il caso del docente che ha rivolto un augurio di morte alla figlia della presidente del Consiglio. Le parole pronunciate, indifendibili e gravi, hanno scatenato una reazione furibonda sui social. Tuttavia, più che aprire una riflessione sull’etica del linguaggio e sul ruolo educativo degli insegnanti, il dibattito si è ridotto a un’ondata di indignazione cieca, fatta di richieste di licenziamento, insulti e semplificazioni. Il gesto del docente è stato giustamente condannato, ma la reazione collettiva si è trasformata in odio organizzato, perdendo di vista la complessità del contesto e spegnendo sul nascere ogni possibilità di un confronto costruttivo. Questo episodio dimostra quanto l’indignazione possa essere, se mal gestita, più distruttiva che utile.


3. Come usiamo i social? Tra superficialità e responsabilità

L’altro nodo centrale della traccia riguarda l’utilizzo che facciamo dei social. Purtroppo, molte persone — e spesso anche noi giovani — cadono nella trappola della reazione immediata, del giudizio rapido, della condivisione compulsiva. Siamo esposti a contenuti che giocano sulle emozioni, progettati per provocare reazioni rapide, non riflessioni profonde. Eppure i social, se usati con consapevolezza, possono essere strumenti di informazione, formazione e partecipazione democratica. Basta saperli usare. La differenza non sta nei mezzi, ma in chi li utilizza. Occorre quindi sviluppare un senso critico, imparare a verificare le fonti, a distinguere tra notizie e opinioni, tra fatti e propaganda. Questo è un passaggio fondamentale per diventare cittadini attivi, non solo consumatori passivi di emozioni digitali.

4. Esperienza personale e riflessioni condivise

Mi è capitato, come a molti miei coetanei, di indignarmi davanti a un video virale o a una notizia scioccante. Ricordo in particolare un caso di bullismo scolastico ripreso con il cellulare e pubblicato online. In quel momento, mi sono sentito sconvolto e ho commentato con rabbia. Ma solo in seguito, leggendo a fondo l’articolo e ascoltando le testimonianze, ho capito la complessità della vicenda. Lì ho imparato che indignarsi non basta: bisogna anche capire, farsi domande, agire — magari parlando del tema a scuola, coinvolgendo altre persone, promuovendo una cultura del rispetto. L’indignazione è stata solo l’inizio. La vera crescita è avvenuta dopo.

5. Una prova di maturità reale, non solo scolastica

Questa traccia d’esame non chiede solo di scrivere un buon tema: chiede di riflettere sul proprio ruolo nella società digitale. E lo fa in modo intelligente, stimolando una presa di coscienza. Non si tratta di criticare i social in quanto tali, ma di capire che ogni clic, ogni commento, ogni reazione ha un peso. Per questo la prova può essere considerata anche una prova di cittadinanza: essere maturi oggi significa anche usare con intelligenza e responsabilità gli strumenti della comunicazione online.

Conclusione: coltivare un’indignazione utile

Indignarsi è umano, ma farlo con criterio è un dovere civile. L’indignazione che ci scorre addosso ogni giorno va filtrata, incanalata, trasformata. Solo così potremo distinguere ciò che merita davvero la nostra attenzione e costruire un mondo più giusto, informato e consapevole. In fondo, la vera sfida della Generazione Z non è imparare a usare i social, ma scegliere come usarli per cambiare davvero le cose.



di LA REDAZIONE



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