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Lucangeli: "La scuola come luogo in cui ogni bambino possa sentirsi capace, accolto e libero di imparare nel modo migliore per far fiorire le sue capacità, nel suo modo più autentico"

Per molto tempo la scuola ha proposto un metodo standardizzato dove tutti dovevano apprendere allo stesso modo, nei medesimi tempi, ma occorre…

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“Per molto tempo abbiamo immaginato la didattica come un’unica strada, un sentiero ben tracciato su cui tutti potevano camminare allo stesso passo. Abbiamo creduto che bastasse seguire una direzione comune per arrivare alla meta.

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Ma chiunque abbia provato a insegnare o abbia osservato da vicino il processo dell’apprendimento sa che la realtà è diversa: apprendere non è un percorso lineare, ma un viaggio con diverse traiettorie possibili”, con tali parole Daniela Lucangeli, stimata scienziata e docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova, inizia la sua ragguardevole disamina, sottolineando l’importanza di una scuola che non chieda ai bambini di adattarsi ma anzi che si ponga in ascolto, modulandosi alle peculiarità di ciascun alunno.

Dunque dal concetto di didattica si passa al concetto di “didattiche”: percorsi diversi per poter accogliere e sostenere ogni bambino nel suo personale viaggio di apprendimento.

Fondamentale, quindi, è l’utilizzo non di un unico metodo ma di più metodi utili a sostenere ciascun allievo, tenuto conto dei suoi bisogni, delle sue difficoltà e della sua capacità di apprendimento.

Si pensi, ad esempio, ad una classe dove l’insegnante spiega ed ogni bambino seguirà la lezione in maniera differente: c’è chi sarà attento e presente, chi invece si agiterà sulla sedia, e chi ancora si annoierà, magari distraendosi e dedicandosi ad altre attività.

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Per molto tempo la scuola ha proposto un metodo standardizzato dove tutti dovevano apprendere allo stesso modo, nei medesimi tempi, ma occorre un’inversione di rotta.

“Ogni bambino porta con sé un universo fatto di esperienze, emozioni, intuizioni. Ognuno impara secondo un ritmo e un proprio modo di sentire e rielaborare la realtà”, così come ci spiega molto dettagliatamente la docente di Psicologia dello sviluppo.

Per tale motivo la scuola dovrebbe essere un luogo in cui “ogni bambino possa sentirsi capace, accolto e libero di imparare nel modo migliore per far fiorire le sue capacità”.


Quindi non bisognerebbe chiedersi come insegnare ma come costruire un ambiente che privilegi e consenta ad ogni alunno di imparare nel suo modo più autentico.

Ogni bambino ha tempi e modalità differenti per apprendere ed è per tale motivo che esistono molteplici modalità didattiche: si pensi, ad esempio, al lavoro in gruppo, alla lezione frontale, o ancora al cooperative learning (apprendimento cooperativo che presuppone una collaborazione attiva tra gli studenti), nonché alla flipped classroom (classe capovolta, in cui la lezione viene studiata a casa ed in aula ci si dedica ad attività riflessive e pratiche).

Il magister, dunque, deve saper modulare questi strumenti come un direttore d’orchestra, consapevole che “imparare non è incasellarsi in uno schema, ma tessere connessioni, dare forma al pensiero, trasformare il sapere in qualcosa che appartiene a ciascuno, nel proprio modo”.

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di VALENTINA TROPEA

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