Ianes: "Bisogna abolire l’insegnante di sostegno, cioè farlo diventare un docente curriculare nell’organico dell’autonomia di una scuola. L’inclusione conviene a tutti, se fatta bene"
- La Redazione
- 31 mar
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Ianes: "Il docente di sostegno è strutturalmente debole, nel senso che, anche se di ruolo, la sua permanenza in una scuola dipende dalla presenza di alunni con disabilità certificata, mentre..."


Dario Ianes, professore di Pedagogia e Didattica Speciale alla Libera Università di Bolzano, psicologo dell’educazione e co-fondatore del Centro Studi Erickson, nell'ambito dell'intervista a "Il Riformista", coglie l'occasione per esprimere il suo pensiero in tema di qualità dell'inclusione scolastica, facendo riferimento alla necessità di un'azione radicale.
"Il vero tasto da toccare è la formazione dei docenti. Per diventare maestro di scuola primaria devo fare cinque anni di università e apprendere discipline che servono effettivamente per insegnare, ma se devo insegnare alle medie o alle superiori di fatto non vengo formato a livello pedagogico, psicologico, metodologico. Tutto questo per non turbare l’idea gentiliana secondo cui il possesso di una materia è ciò che davvero basta per poterla insegnare. Perché, invece, non riflettiamo sul fatto che i risultati italiani della primaria sono ben più alti di quella secondaria, dove il nostro livello si abbassa palesemente?", questo l'interrogativo che si pone Dario Ianes.
In merito alla condizione dei docenti di sostegno il co-fondatore del Centro Studi Erickson appare alquanto preoccupato, dichiarando espressamente che: "il docente di sostegno è strutturalmente debole, nel senso che, anche se di ruolo, la sua permanenza in una scuola dipende dalla presenza di alunni con disabilità certificata, mentre per gli altri docenti non è così. E’ una condizione di precarietà che penalizza questa figura".
Ecco allora che Dario Ianes propone un'azione radicale:
"Bisogna abolire l’insegnante di sostegno, cioè farlo diventare un docente curriculare nell’organico dell’autonomia di una scuola. I più bravi tra loro potrebbero diventare esperti e supervisori, essere chiamati ad affiancare sul campo i colleghi delle discipline nel personalizzare effettivamente – cosa che non accade quasi mai – la proposta didattica. Gli studi dimostrano che la formazione veramente incisiva è il job shadowing, l’affiancamento nel lavoro. Perché non utilizzarli per questo? Innalzeremmo l’offerta formativa portando in campo delle competenze nuove. Del resto, già la legge 517 del 1977 chiedeva di immettere nella scuola insegnanti specializzati sul sostegno ed equipe sociopedagogiche: i primi ci sono, ma queste ultime non si sono mai viste".
"L’inclusione conviene a tutti, se fatta bene. Se noi organizziamo una didattica cooperativa, laboratoriale, articolando il lavoro e differenziando i livelli, anche gli studenti più capaci saranno valorizzati in questa prospettiva, mentre il ragazzo con disabilità svolgerà compiti semplificati con un progetto su misura per lui", così conclude la sua disamina il professore di Pedagogia e Didattica Speciale alla Libera Università di Bolzano, psicologo dell’educazione e co-fondatore del Centro Studi Erickson.
di VALENTINA TROPEA
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