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Daniela Lucangeli: "Perché è così difficile essere buoni genitori? La sfida di educare un figlio tra performance, deleghe e sguardi mancati"

Lucangeli: "Per diventare madri e padri consapevoli occorre conoscere cosa aspettarsi da un figlio in ogni fase della sua vita perché bisogna comprendere i suoi tempi..."

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La funzione svolta dai genitori oggi, in qualità di educatori, presuppone una particolare responsabilità: essere genitori, infatti, è diventato un compito assai difficile e complesso. Ed allora ci si chiede come mai la genitorialità abbia subito questa profonda metamorfosi e soprattutto ci si interroga sul come poter vivere la relazione educativa serenamente.

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Capita spesso, infatti, che i genitori si sentano disorientati, inadeguati, non all’altezza di quella funzione che dovrebbero svolgere adeguatamente e congruamente.

“La prima cosa da comprendere è che oggi, nella società occidentale, a sentirsi attaccati, inadeguati, stressati non sono i genitori, sono gli esseri umani. Il diventare genitore si aggiunge a una serie di altri doveri, è una delle tante richieste sociali a cui assolvere. È una condizione che gli esperti chiamano ‘gestione performativa dell’adulto’”, questo quanto dichiarato da Daniela Lucangeli, stimata scienziata e docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova.

L’adulto, dunque, dovrà essere al massimo della performance in tutte le sfere della vita: “Non solo al lavoro, ma nella società, dove deve essere amabile, piacevole, deve avere tanti amici, magari la casa al mare. E persino nella vita privata, dove deve dimostrare grande abilità di gestione nelle relazioni d’amore, che includono anche quelle con i figli”.

L’adulto però spesso non è preparato ad affrontare così tante e diverse sfide e la situazione si complica con l’arrivo di un figlio.

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Dunque la genitorialità assume sfumature diverse e “il figlio s’inserisce nel momento in cui viene programmato come compatibile con tutte le altre richieste. Per questo arriva tardi, in genere appena prima che finisca il tempo biologico. La conseguenza, però, è che il diventare genitori si sposta verso gli anni della centralità della performance, quando l’energia è già tutta in uscita e si fa fatica a ricaricarsi’, così come ci spiega molto accuratamente la docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova.


Ne deriva che la maggior parte delle famiglie ha un figlio unico, “se ne ha due è perché o uno è nato per un errore giovanile, o perché i genitori hanno pensato di metterne al mondo due vicinissimi prima della fine del tempo biologico. Se si arriva a tre si è una famiglia altamente numerosa. Questa è la concezione sociale dominante”.

Si tratta di figli programmati a tempo, in solitudine, in età adulta, spesso con l’ausilio di cure di fertilità ed è per questo motivo che “li si accontenta in tutto, perché non gli si può dare la cosa che madre natura ha scelto come determinante di salute, ovvero il tempo di qualità a misura di bambino nell’accudimento, nella cura e nell’accompagnamento all’età della gestione autonoma”, queste le significative parole di Daniela Lucangeli attraverso le quali si evidenzia come molti genitori abbiano poco tempo da dedicare ai propri figli ed il tempo che non possono gestire personalmente viene distribuito in deleghe educative.


“Alcune sono deleghe formali, come la scuola, altre sono sociali come lo sport o le attività ricreative, altre ancora sono di tipo assistenziale come la nonna o la babysitter”, in tal modo la stimata scienziata continua la sua ragguardevole disamina.

Ma la delega più insidiosa è proprio il digital babysitting, ovvero lo smartphone, il computer, il tablet, la televisione: il genitore utilizza questi device per distrarre il figlio ma tale atteggiamento può determinare conseguenze imprevedibili sulla salute del bambino.

Il digital babysitting può innescare il primo grande meccanismo di ‘sprogrammazione’. Non solo il bambino è intrattenuto da uno schermo ma vede anche i genitori, che a loro volta hanno bisogno di isolarsi, perdersi nelle loro connessioni tecnologiche, ignorandoli. E così i figli sperimentano l’allontanamento dello sguardo del genitore proprio negli anni determinanti della connessione io-io e dell’attaccamento. Un meccanismo molto profondo perché è una struttura limbica, del cervello antico, un vero e proprio interruttore della salute mentale”, così continua la sua profonda riflessione Daniela Lucangeli.


A tal proposito si parla di parental phubbing: dall’inglese phone, telefono, e snubbing, snobbare, un’assenza in presenza che destabilizza, proprio perché i genitori in questa età sono il principale punto di riferimento.

Si delinea, in tal modo, una grande contraddizione: da un lato madri e padri non più giovani, stressati, nel pieno tempo della performance, che cercano di essere i migliori genitori possibili, e dall’altro figli unici, molto viziati, piccoli re che rischiano di essere emotivamente trascurati nonostante le mille attenzioni.

Dunque com’è possibile trovare una soluzione a tale problema?

L’ideale sarebbe iniziare a formarsi quando si decide di diventare genitori, perché è un cambiamento d’identità. Un processo che richiede pazienza e tempo e che non si risolve ‘in dieci semplici lezioni’. Le progettualità dei territori che fanno questo tipo di esperienze – che sono tantissime e non necessariamente cliniche – sono un accompagnamento al tempo del vivere.


Non ti dicono che genitore devi essere ma ti aiutano a trovare le tue modalità di essere genitore in un dato contesto, quindi all’interno della complessità in cui viviamo oggi. Fuori da queste esperienze collettive, nessuno ti aiuta a riflettere su che madre o padre vuoi essere per questa creatura, in questo dato momento. Ci vuole una pazienza di maturazione che oggi la società non asseconda, mentre persino per far maturare le ciliegie ci vuole un anno”, questi gli accorgimenti della docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova grazie ai quali poter vivere la relazione educativa serenamente senza troppa pressione.

Pertanto per diventare madri e padri consapevoli occorre conoscere cosa aspettarsi da un figlio in ogni fase della sua vita perché bisogna comprendere i suoi tempi del cambiamento, standogli accanto ed accompagnandolo lungo il cammino.

“Sono un genitore consapevole nella misura in cui ho preso coscienza di chi sono io. È per questo che è sempre più urgente per il bene dei bambini aiutare gli adulti a capire come si è adulti in questa epoca del mondo”, in tal modo Daniela Lucangeli culmina la sua disamina.

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di VALENTINA TROPEA

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