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Crepet: “L'insegnante che non piace subito è spesso quello che si ricorda per tutta la vita. Per lasciare il segno bisogna essere imprevedibili, scuotere e non addomesticare”

Aggiornamento: 31 lug

Un bravo insegnante provoca, scuote, accende il pensiero. La missione di un educatore sta proprio nell’eccitare il pensiero...

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“Un insegnante può davvero cambiare la vita di uno studente, ma solo se accende il pensiero, non se lo addomestica.” È questa la riflessione forte e controcorrente dello psichiatra Paolo Crepet, che invita i docenti a non essere rassicuranti, ma imprevedibili, emotivi, stimolanti. In un’epoca in cui la figura dell’insegnante è spesso messa in discussione, Crepet rilancia l’unico vero obiettivo della scuola: formare teste pensanti, non menti passive.

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Ed allora ci si chiede quale sia davvero la funzione di un insegnante, senza tralasciare però l’importanza per ogni allievo di ritrovare lungo il suo cammino un buon maestro capace di fungere da punto di riferimento, un maestro in grado di favorire e di promuovere il pensiero critico di ogni studente.

Secondo Crepet, un bravo insegnante non addestra né tranquillizza: provoca, scuote, accende il pensiero. E lo dice chiaramente::

“Credo infatti che il vero lavoro, potrei dire la missione, di un insegnante stia proprio nell’eccitare il pensiero dei propri allievi, non certo nel rendere mansueta la loro voglia di inventarsi una vita. Il pensiero non cresce da sé come se fosse parte dello sviluppo corporeo di una persona, occorre crearne i presupposti, svincolarlo dalla ripetitività delle azioni quotidiane. Il pensiero scaturisce dalle emozioni, se ne nutre. Se un educatore vuole davvero lasciare un segno nell’anima dei propri allievi, deve impegnarsi a essere il meno prevedibile possibile”.

Ed allora l’autorevolezza di un docente in cosa consiste e dove risiede?

“L’autorevolezza di un docente, esattamente come quella di un adulto, risiede in questa piccola, salvifica, capacità: sollevare, provocare, esigere reazioni emotive alle proprie parole. L’insegnante che eccita i suoi allievi assolve al suo mandato sociale nel migliore dei modi. Questa è la responsabilità che una comunità ha delegato alla formazione di una classe dirigente pensante e non assopita e passiva”, così come ci spiega molto dettagliatamente lo psichiatra, fornendo una risposta esaustiva all’interrogativo.

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Tuttavia l’esigenza prioritaria di molti adulti è che i giovani non abbiano paura, non sia turbati da nulla, per cui chi cerca di scuoterli viene fortemente criticato, se non deriso o mortificato. Si predilige l’eccitazione di una droga perché breve ed effimera rispetto all’eccitazione prodotta dal pensiero, che invece può cambiare il corso dell’esistenza di una persona.

La scuola, invece, dovrebbe essere un luogo in cui i bambini possano giocare ed apprendere divertendosi, “deve essere pensata per essere un luogo gioioso, dove possono accadere cose meravigliose a cominciare dalla possibilità che le pareti colorate vengano disegnate e addobbate dai bambini che le frequentano. Perché è proprio quella meraviglia a rimanere ancorata ai nostri ricordi, quelle risate, o quel pianto, o quel momento affascinante perché il maestro o la maestra ci ha raccontato qualcosa di strepitoso. È da lì che inizia a mettersi in moto la macchina del pensiero”.

Gli insegnanti che lasciano davvero il segno sono quelli che sconvolgono le certezze, che attivano domande, che fanno vibrare il pensiero. Sono coloro che rischiano di non piacere subito, ma che vengono ricordati per tutta la vita. Ed è così che si forma una vera classe dirigente: pensante, critica, non addomesticata.

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di VALENTINA TROPEA

1 commento


Americo
26 lug

Condivido perfettttamente tutto bisognerebbe dire quache di piu no ,e non didire troppe volte non fa niente tanto crescendo inparano da soli

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