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Crepet: "Il permesso di sognare si chiama libertà. I genitori devono trasmettere il desiderio, la passione e il sogno ai figli, con l’esempio e la fiducia"

Lo psichiatra e sociologo invita i genitori a sostenere i figli: lasciare andare non significa abbandonare, ma avere il coraggio di credere nei sogni dei propri figli e nella forza della loro libertà...

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Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, nei suoi interventi pone sempre l’attenzione sui giovani e sulle loro figure di riferimento. Come afferma l’esperto, i genitori a volte commettono l’errore di proteggere troppo i loro figli, impedendo loro di spiccare il volo, di provare la fatica ed incertezza verso un futuro che magari gli appartiene.

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Crepet, riportando un vecchio aneddoto di vita personale, vuole consigliare ai genitori di essere dalla parte dei figli e non al posto dei figli, a tal proposito dichiara: “ Ho conosciuto un ragazzo molto simpatico e ho sempre detto alla madre “guardi che suo figlio mi da l’idea che abbia  un talento, e lei mi rispose “Sì, però è complicato”. Crepet pone l’attenzione innanzitutto sull’osservazione, è molto importante osservare i giovani, i nostri figli, per iniziare a capire quale strada può intraprendere il loro futuro e quindi la loro carriera, infatti, aggiunge l’esperto: “Dopo circa un anno - ho incontrato la madre - e mi ha detto “ Sa mio figlio è diventato il primo ballerino dell’opera di Amburgo”, “ma è meraviglioso” risposi, “sì, ma è lontano”, “Fatevene una ragione. Deve vincere lui. Deve vincere lui, perché è la sua passione, il suo sogno ” risposi io”.

I genitori spesso incoscienti del loro egoismo vorrebbero i figli sempre vicini, vorrebbero per loro una strada rosea e senza spine, ma non è questa la vita e non è soprattutto questa la felicità. Immaginate il “il primo ballerino dell’opera di Amburgo” chiuso in una gabbia che non gli avrebbe consentito di mettere alla prova le proprie potenzialità. La famiglia ti aiuta a formarti, a crescere, ma può anche essere gabbia quando non vengono compresi i propri desideri e le proprie passioni. Continua l’esperto: “Come fai a interrompere un sogno? Cosa volete fare, Un sogno, Sì, ma a 100 metri dalla cucina di casa? Non è così”.

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Per questo motivo , uno dei tanti compiti di un genitore è quello di saper accompagnare, di tenere la mano, ma anche di lasciare la presa quando è arrivato il momento. Accompagnare i propri figli non è solo l’atto pratico del termine, ma è prima di tutto un atto di connessione mentale. Possiamo essere vicini ai nostri figli pur avendoli lontani e soprattutto incoraggiarli, fargli sentire che non sono soli, che noi genitori crediamo nei loro sogni, tanto quanto ci credono loro. “E allora Benedetto ‘sto ragazzo. Sicuramente farà carriera, però non ha scelto una cosa semplice” conclude Crepet.

L’esperto ha più volte ripreso il concetto che le cose semplici alle quali facciamo affidamento nella vita, a volte ci permettono di arrivare prima ad alcuni obiettivi, ma non costituisco la strada per la felicità. Serve fatica, impegno, costanza, resilienza. E prima di queste occorre crederci e occorre qualcuno che crede insieme a te in quel sogno. Qualcuno che quando sei deluso, triste, scoraggiato ti ricordi quanto vali. Le sue parole devono essere la motivazione per farti rimboccare le maniche e ripartire più forte di prima. Non servono genitori che si sostituiscono ai figli, servono genitori che li lascino liberi di sperimentare la vita, genitori che credano nelle loro potenzialità, perché: “Senza esempio non si va da nessuna parte” diceva Crepet.

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L’esempio non deve essere necessariamente un genitore che parte, ma un genitore che dà l'esempio nei valori, nei principi, un  genitore che ti trasmetta che l’indipendenza e l'autonomia sono pilastri imprescindibili di una vita equilibrata. Conclude l’esperto: “Ho capito che ai ragazzi non serve un eroe. Serve il permesso di sognare e quel permesso si chiama libertà”. Amare è anche saper lasciare andare, l’amore vero risiede nel rispetto della libertà altrui, anche quando questo comporta sofferenza e separazione e soprattutto preoccupazione per una vita che abbiamo creato ma che non possediamo mai del tutto. 


di NATALIA SESSA

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