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Carta Docente ai precari da 500 euro con effetto retroattivo. Le sentenze vanno a restituire tutte le annualità nelle quali non si è percepita la Card, con l'aggiunta degli interessi

"Il giudice ricorda che “sulla questione della compatibilità con il diritto dell’Unione europea dell’esclusione dalla fruizione della Carta elettronica da parte del personale docente a tempo ... "

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Secondo il Tribunale Civile di Padova vanno “disapplicati l’art. 1 commi 121, 122, e 123 della Legge n. 107/1915, l’art. 3 del D.P.C.M. del 28 novembre 2016, nella parte in cui limitano l’assegnazione della Carta elettronica ai soli docenti a tempo indeterminato”: la card annuale per l’aggiornamento va assegnata “con le medesime modalità con cui è riconosciuta al personale assunto a tempo indeterminato, con accredito sulla detta Carta elettronica della somma pari a € 500,00 per anno scolastico”. Ha fatto bene il sindacato Anief, quindi, a chiedere allo stesso giudice di fare avere la Carta del Docente ad una insegnante che aveva svolto servizio da precaria nell’anno scolastico 2019/20.

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Il giudice ricorda che “sulla questione della compatibilità con il diritto dell’Unione europea dell’esclusione dalla fruizione della Carta elettronica da parte del personale docente a tempo determinato è intervenuta la Corte di Giustizia a seguito di domanda pregiudiziale ex art. 267 TFUE; la Corte ha ritenuto che “l'indennità di cui al procedimento principale deve essere considerata come rientrante tra le «condizioni di impiego» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro. Infatti, conformemente all'articolo 1, comma 121, della Legge n. 107/2015, tale indennità è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero, e di valorizzarne le competenze professionali”.


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“Sulla base di tale premessa – si legge ancora nella sentenza emessa dal Tribunale di Padova - la Corte di Giustizia ha affermato che “la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di EUR 500 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una Carta elettronica”.


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“In astratto – continua il giudice -, non appare sussistere alcuna ragione obiettiva, nel significato elaborato dalla Corte di Giustizia, che giustifichi la mancata estensione ai docenti a termine della prestazione di cui si discute, è allora necessario verificare se in concreto parte ricorrente non possa ritenersi “in una situazione comparabile” al docente di ruolo a cui la Carta è riconosciuta dalla norma di legge; va poi ricordato che le sentenze interpretative della CGUE, precisando il significato e la portata del diritto dell’Unione, hanno effetto retroattivo, salvo il limite dei rapporti esauriti, con efficacia erga omnes nell'ambito dell'Unione (cfr. Cass. n. 2468 del 8 febbraio 2016) e sono vincolanti per i giudici nazionali”.


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Come se non bastasse, “anche il Consiglio di Stato, nella pronuncia n. 1842 del 16 marzo 2022 ha ritenuto che la scelta ministeriale forgi un sistema di formazione “a doppia trazione”: quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico. In particolare, secondo il Consiglio di Stato, “un tale sistema collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A. [...] è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione di un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un'altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla”.


Il giudice del Tribunale di Padova ha quindi dedotto che il legislatore ha realizzato “una sorta di investimento da parte del Ministero nella formazione personale e professionale di una figura chiave per la collettività; la formazione e l'aggiornamento del docente non può che essere considerata identica sia per i docenti assunti a tempo indeterminato che per quelli assunti a tempo determinato. A ragionare diversamente, infatti, si dovrebbe ipotizzare che l'attività svolta dai docenti cosiddetti precari possa essere caratterizzata da un minor grado di aggiornamento rispetto al personale docente, il che certamente risulterebbe irragionevole ed in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza e finirebbe anche con il ledere il diritto all'istruzione costituzionalmente garantito, perché, in tal modo, si avrebbe un corpo docenti la cui formazione è differenziata a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro; ne deriva che il lavoratore a tempo determinato può ritenersi effettivamente comparabile al docente di ruolo destinatario per legge della Carta elettronica, qualora sia stato assunto a termine nell’anno scolastico a cui si riferisce il beneficio richiesto per un periodo sufficientemente lungo da garantire quella stabilità di rapporto che porti a presumere che della spesa in formazione fatta in favore del docente il Ministero possa trarre un vantaggio”.


Infine, il giudice ha ricordato che anche “la Corte di Cassazione, investita della questione in via pregiudiziale, con sentenza n. 29961 del 27 ottobre 2023 ha sottolineato come alla luce della “connessione temporale” esistente tra il diritto alla Carta elettronica e la “didattica annuale” appare ingiustificata la limitazione del beneficio suddetto ai soli insegnanti di ruolo, con esclusione dei “docenti a tempo determinato che, essendo chiamati a lavorare sul medesimo piano didattico-temporale [...] risultano quindi, da ogni punto di vista, comparabili”, ravvisando dunque la necessità di individuare dei criteri sulla base dei quali svolgere tale giudizio di comparazione”.


Il Tribunale di Padova quantifica anche i giorni minimi che, a suo avviso, darebbero accesso al beneficio della Carta del docente: “sono molteplici – scrive nella sentenza - i parametri di comparabilità in concreto che possono assumere rilevanza orientativa, quale ad esempio il termine di durata di almeno 5 mesi (150 giorni) di prestazione lavorativa nell’anno scolastico, pari all’entità minima della prestazione di un docente di ruolo part-time ai sensi dell’art. 39 comma 4 CCNL e dell’art. 4.1 del O.M. n. 55/1998 (cioè il 50% dell’orario di docenza dell’insegnante full-time), a cui la normativa riconosce il bonus in misura piena. Come ritenuto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 29961 del 27 ottobre 2023, la situazione del docente di ruolo part-time non è tout court sovrapponibile alla situazione del docente a tempo determinato. Tale soglia può però rappresentare un elemento di valutazione che concorre, unitamente ad ogni altro, con la dovuta approssimazione, ad orientare il giudizio di effettiva comparabilità tra la prestazione lavorativa svolta a termine da un determinato docente in un determinato anno scolastico e la prestazione lavorativa a tempo indeterminato svolta da tutte le categorie di docenti cui il diritto alla Carta elettronica è riconosciuto dal sistema normativo; del pari, altro parametro orientativo utile ai fini del giudizio di comparabilità, seppur non in sé esaustivo alla luce della già citata sentenza di legittimità n. 29961 del 27 ottobre 2023, è il termine di durata superiore ai 180 giorni di attività lavorativa, cui fanno riferimento l’art. 11, comma 14, Legge n. 124/99 e l’art. 489 del D. Lgs. n. 297/94, ai fini dell’equiparazione rispetto alla supplenza annuale”.


Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “procedere con la presentazione del ricorso gratuito con Anief per ottenere la Carta del docente è una scelta che dà sempre soddisfazione: l’esito favorevole è, del resto, collegato ai pareri positivi espress dal Consiglio di Stato, dalla Corte di Giustizia Europea e della Corte di Cassazione, oltre che dal Contratto collettivo di lavoro e pure dalla Costituzione. Ai supplenti annuali attuali e passati, anche se entrati nel frattempo di ruolo, consigliare vivamente di chiedere il recupero fino a 3.500 euro, più interessi legali, facendo sempre attenzione a non andare oltre la prescrizione del cinque anni”.


LE CONCLUSIONI DEL TRIBUNALE DI PADOVA

P.Q.M.

Il giudice, ogni altra istanza rigettata:

1. accerta il diritto di parte ricorrente al beneficio di cui all’art. 1 comma 121 Legge

n. 107/2015, per l’anno scolastico 2019/2020;

2. condanna il Ministero convenuto a costituire in favore di parte ricorrente ai sensi

degli artt. 2, 5, 6 e 8 del D.P.C.M. del 28 novembre 2016 una Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di cui all'art. 1 comma 121 Legge n. 107/2015, con le medesime modalità con cui è riconosciuta al personale assunto a tempo indeterminato, con accredito sulla detta Carta della somma pari a € 500,00 per l’anno scolastico 2019/2020;

3. condanna il Ministero convenuto al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di lite, che liquida in € 400,00, oltre 15% per spese generali, I.V.A. e C.P.A., con distrazione in favore dei procuratori antistatari.


di LA REDAZIONE




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