Recalcati: i figli oggi? Lasciateli giocare, solo così diventeranno autonomi. Chi è il genitore responsabile?
- La Redazione
- 29 giu
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Tra autonomia e autorità, Recalcati invita i genitori a riscoprire il proprio ruolo senza cedere all’idolatria dei figli.

Lo psicoanalista Massimo Recalcati sottolinea l’importanza di restituire ai figli la loro autonomia. In un’epoca in cui il bambino è al centro della famiglia, lasciare che giochi è fondamentale per la sua crescita. Prendersi cura dei giovanissimi, dedicando loro le giuste attenzioni, così da poter cogliere nell’immediato le loro fragilità, proprio nei momenti in cui appaiono maggiormente vulnerabili, appare oggi un presupposto imprescindibile per poter svolgere congruamente ed adeguatamente la funzione di educatore, in qualità di genitore.
Appare naturale, pertanto, chiedersi che cosa si intenda per “educazione” e proprio in tale frangente ci si accorgerà di come siano profondamente mutate, con il passare del tempo, le modalità attraverso le quali provvedere al processo formativo ed educativo dei più giovani.
A tal fine lo psicoanalista e saggista italiano Massimo Recalcati, attraverso parole intrise di significato, fa riferimento espressamente a quella corrente della pedagogia che ha preteso di liberarsi dell’educazione che produce più danni che benefici nella vita dei figli, proprio perché l’educazione stessa “non sarebbe altro che una museruola messa da genitori paranoici sulla legittima voglia di libertà dei loro figli”.
Si prenda come riferimento, ad esempio, l’opera di Peter Gray dal titolo ‘Lasciateli giocare’: questo libro sottolinea l’importanza di restituire ai propri figli la loro autonomia che una concezione aridamente disciplinare della scuola gli ha sottratto.
“Quella che l'autore definisce ‘istruzione forzata’ appare come una macchina repressiva tale da spegnere la creatività nel nome di una esigenza di controllo e di disciplinamento coatto che proviene dal mondo degli adulti”, così come ci spiega molto significativamente Massimo Recalcati.
Con il passare del tempo, infatti, si è verificata una vera e propria “mutazione antropologica”, che ha modificato il modo stesso di intendere e concepire l’educazione.
Marcel Gauchet, attraverso il suo libro “Il figlio del desiderio”, riesce ad esprimere al meglio tale cambiamento.
“Se c'è stato un tempo dove l'educazione aveva il compito di liberare il soggetto dalla sua infanzia, oggi si tende invece a concepire l'infanzia come un tempo al quale si vorrebbe essere eternamente fedeli, come una sorta di ‘ideale del sé’ puro e incontaminato da tutti quei condizionamenti culturali e sociali che rischiano di corrompere la sua affermazione. Non si tratta più di educare il bambino alla vita adulta ma di liberare il bambino dalla vita degli adulti perché la vita adulta non è una vita, ma solo la sua falsificazione morale. Nessun tempo come il nostro ha mai esaltato così la centralità del bambino nella vita della famiglia. Tutto pare capovolgersi: non sono più i bambini che si piegano alle leggi della famiglia, ma sono le famiglie che devono piegarsi alle leggi (capricciose) dei bambini”, in tal modo continua la sua disamina lo psicoanalista.
La felicità del bambino, pertanto, assume una tale importanza da soppiantare completamente il concetto stesso di educazione e così al piccolo non viene più posto alcun limite, cercando di soddisfare pienamente ogni sua richiesta, trasformandosi in genitori accondiscendenti e servizievoli.
“L'elevazione del bambino a nuovo idolo di fronte al quale, al fine di ottenere la sua benevolenza, i genitori si genuflettono, è un effetto di questa erosione più diffusa del discorso educativo”, queste le parole con le quali Massimo Recalcati esprime il suo pensiero in merito.
Tale dismissione del concetto di educazione consente agli adulti di disfarsi del peso della loro responsabilità nel contribuire al processo formativo dei giovanissimi ed al contempo sono proprio i genitori a manifestare dissenso nei confronti di quegli insegnanti che esprimono giudizi negativi nei confronti dei loro figli.
“Dando per scontato il fatto che non esistono genitori ideali, o, che, come sentenziava Freud, il mestiere del genitore è impossibile, cioè è impossibile per un genitore non sbagliare, questo non significa affatto disertare la responsabilità di assumere delle decisioni, di non farsi dettare la Legge dai propri figli”, in tal modo conclude la sua profonda riflessione il saggista Recalcati.
Occorre pertanto restituire il giusto valore alla parola “educazione”, riattribuendo a quest’ultima il suo originario significato, così da ristabilire il giusto equilibrio che permetta una distinzione di ruoli e di funzioni tra genitori e figli senza ambire ad una totale equiparazione. Sono proprio i giovanissimi, infatti, che devono riscoprire cosa siano i limiti, alla luce di genitori che, seppur non infallibili, siano però capaci lo stesso di riappropriarsi della loro autorevolezza, non tirandosi mai indietro ma assumendosi la responsabilità di determinate decisioni, senza dover necessariamente assecondare o soddisfare tutte le richieste dei figli.
Solo imbattendosi nel limite le nuove generazioni potranno sperimentare cosa sia il desiderio, mettendosi alla prova ed acuendo le proprie capacità, lottando per realizzare i propri sogni, riscoprendo le proprie aspirazioni, senza genitori pronti a genuflettersi ad ogni loro richiesta, senza che nessuno eclissi il loro desiderio.
di VALENTINA TROPEA
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