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Crepet: “Badarsi significa diventare autonomi, capaci di rialzarsi dalle cadute, pulirsi le ferite che ci si è procurati, senza troppo lamentarsi o chiedere sempre aiuto agli altri, i più grandi"

Aggiornamento: 27 ago

"Ecco allora l’importanza di scuotere, di spronare i giovanissimi, restituendo loro libertà ed autonomia, capacità di credere in se stessi, senza costringerli a…"

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La fiducia nei confronti dei giovani ad oggi sembra essere sfumata alla luce di adulti sempre più propensi ad esercitare incondizionatamente la loro capacità di controllo e di protezione nei confronti di ragazzi disorientati, privi di autonomia, libertà di pensiero ed autostima.

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Pertanto l’ansia degli adulti viene riversata irrimediabilmente nei confronti dei giovanissimi, privando quest’ultimi della capacità di sbagliare e quindi anche della possibilità di trarre insegnamento da un errore, riconoscendolo ed imparando a superarlo.

A tal proposito al sociologo e psichiatra Paolo Crepet riaffiorano dolcemente i propri ricordi da bambino quando sua nonna Maddalena, detta Lena, di tanto in tanto, mentre giocava vivacemente, gli rivolgeva con fermezza un solo verbo: «Bàdati».

“Per lei era come se mi stesse dicendo: «Quanti anni hai? Sette o otto? Bene, finora non hai dato prova di essere molto intelligente e nemmeno di avere del buon senso, ma io voglio comunque poter credere in te, anzi, scommetto su di te, su ciò che potresti diventare e che ancora non sei. Per questo ti dico di badare a te stesso, perché se imparerai a farlo ti sarà utile percorrendo la tua vita, soprattutto quando io non ci sarò più e nemmeno i tuoi genitori»”, in tal modo lo psichiatra evidenzia la grande semplicità e straordinarietà di una donna, come la nonna, capace di guardare all’infanzia con grande ottimismo e senza estrema apprensione.

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“Badarsi significa diventare autonomi, capaci di rialzarsi dalle cadute, pulirsi le ferite che ti sei procurato, senza troppo lamentarsi o chiedere sempre aiuto agli altri, i più grandi. Perché tu, anche se ancora non lo sai, sei già grande”, queste le significative parole dello psichiatra che inducono ad una profonda riflessione.

La situazione invece oggi sembra essere sfuggita di mano: genitori ed educatori esercitano il loro controllo senza alcun tentennamento, credendo che educare implichi necessariamente togliere libertà e coraggio di credere in se stessi.

“Ci penso io a te, basta che tu faccia come ti dico”: il genitore badante si rivolge così a suo figlio, privandolo della sua intraprendenza ed autonomia.


Ma ciò che contraddistingue un buon educatore è proprio la sua abilità nel rinvigorire l’autostima e l’autonomia di un bambino prima ancora che le sue capacità siano venuta alla luce: “bisogna credere in una rosa prima che sbocci, questa è la maestria di un bravo giardiniere”.

D’altronde tutti sono in grado di complimentarsi e di elogiare un ragazzo quando ha raggiunto il suo traguardo, mentre pochi saranno capaci di credere in lui veramente anche quando il talento non si è ancora manifestato, ed anzi potrebbe persino commettere degli errori.

Ecco allora l’importanza di scuotere, di spronare i giovanissimi, restituendo loro libertà ed autonomia, capacità di credere in se stessi, senza costringerli a ripetere passivamente ciò che gli viene comandato, senza privarli della loro intraprendenza, della loro capacità di pensare, ma anzi scommettendo su di loro anche quando forse nessuno lo farebbe perché “bisogna credere in una rosa prima ancora che sbocci” e non ci si può tirare indietro.


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di VALENTINA TROPEA

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