Pensione a 67 anni e 3 mesi nel 2028, la scuola deve rimanere fuori dall’innalzamento e beneficiare invece dell’anticipo previdenziale previsto per le occupazioni usuranti. Anief prepara emendamento.
- La Redazione

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"La verità è che lavorare a scuola logora, alla pari di altre professioni, quindi servirebbe Quota 97,5 e senza ... "

Tre mesi in più per uscire dal lavoro: lo prevede il testo sulla previsione dello Stato per l'anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028 (S1689) approvato dal Consiglio dei ministri alcuni giorni fa. Il sindacato rappresentativo Anief chiede una deroga specifica per il personale scolastico e rilancia l’anticipo pensionistico motivando la richiesta: per questo motivo, si prepara a presentare una richiesta di modifica della Legge di bilancio per fare includere la loro professione tra quelle considerate gravose e quindi collocabili tra quelle che meritano l’anticipo pensionistico alla pari delle categorie che operano in ambito militare.
“Docenti e personale Ata svolgono un tipo di lavoro usurante, lo dimostrano i tanti casi di burnout che colpiscono questi lavoratori a fine carriera – spiega Marcello Pacifico, presidente nazional Anief -, è incredibile però che anziché rendersi conto della realtà il legislatore decida di innalzare indistintamente, quindi anche per loro, la soglia che permette di lasciare il lavoro: gli attuali 67 anni, già una meta incompatibile per tali lavoratori, tra tre anni crescerà di altri tre mesi. E anche le pensioni di anzianità, 42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne, cresceranno di 90 giorni ulteriori.
La verità è che lavorare a scuola logora, alla pari di altre professioni, quindi servirebbe Quota 97,5 e senza penalizzazioni. Come Anief, stiamo predisponendo un emendamento specifico per includere quindi il personale scolastico tra le categorie che necessitano andare di prima in pensione poiché da annoverare – conclude Pacifico – tra quelle che svolgono un lavoro gravoso”.
IL PROVVEDIMENTO
La decisione presa dal Governo peggiora dunque l’attuale sistema previdenziale e prevede che dal 2027 si lascerà il lavoro un mese in più e l’anno successivo, dal 2028, è previsto un incremento anagrafico di altri due mesi: per vecchiaia, quindi, si andrà in pensione a 67,3 mesi oppure serviranno 43 anni e un mese di contributi versati (per le donne un anno in meno): gli unici a fare eccezione saranno le professioni gravose e usuranti, che nel comparto dell’Istruzione riguardano la scuola dell’infanzia e gli educatori dei nidi.
Il presidente nazionale Anief reputa, come tutto il suo sindacato, che il lavoro del personale scolastico debba essere considerato sempre usurante, così da fare accedere i lavoratori del comparto alla pensione con Quota 97,5. “Con il riscatto gratuito o semi-gratuito della laurea, la nostra è una battaglia in cui crediamo e che rappresenta una forma di giustizia, perché è assodato che nella scuola il livello di burnout risulta crescente e direttamente proporzionale all’età: pensare di lasciare in cattedra un insegnante alle soglie dei 70 costituisce un danno per il docente, che non è più in grado di esercitare al massimo la sua professione, anche perché in alta percentuale deve convivere con problemi psichici e fisici non indifferente, ma anche per gli alunni, ai quali non viene garantita l’offerta formativa che meritano”.
di LA REDAZIONE
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