Pellai: "Come cercare te stesso, quel pezzetto di te che può davvero stupirti perché pieno di sorprese"
- La Redazione
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“È un po' trattarsi come un coinquilino di casa tua, ci sei tu e poi c'è un altro te stesso che può abitare con te. Intanto, lo stai già facendo dal primo giorno di vita. Stai già convivendo con te stesso”

L'esperienza di vita, questo percorso naturale e imprescindibile, ci porta in una costante dualità. Spesso quello che vogliamo e quello che facciamo non sono sempre sulla stessa linea d'onda. Questo accade perché ci sono dei fattori esterni ai quali non possiamo opporci, come il tempo, luoghi o determinate circostanze, fattori che non dipendono quindi da noi.
Questa dualità non solo riguarda il nostro volere, ma riguarda anche alcuni dei nostri aspetti caratteriali, quante volte in un diverbio, in un litigio avremmo voluto rispondere o dire frasi che si rendono disponibili solo in un secondo momento. Vivere con se stessi è un'esperienza lunga, l'esperienza più importante che chiunque possa fare. Trovare un equilibro richiede tempo, pazienza e perseveranza. A tal proposito l'esperto di Pedagogia, Alberto Pellai interviene su questo argomento: "Ognuno di noi dovrebbe sempre domandarsi: Come faccio a convivere con me stesso? ".
La parola convivere, ovvero vivere insieme, abitare, è un'espressione profonda che ci mette quasi in una condizione di "costrizione" nel trovare un punto d'incontro tra le parti. Continua Pellai: "Come faccio a vivere con me? È un po' trattarsi come un coinquilino di casa tua, ci sei tu e poi c'è un altro te stesso che può abitare con te. Intanto, lo stai già facendo dal primo giorno di vita. Stai già convivendo con te stesso".
Non occorre rifletterci molto per essere d'accordo con l'esperto, conviviamo con noi stessi già da quando siamo nati, col tempo, crescendo si diventa solo più riflessivi. Si mettono le esperienze di vita su un bilanciere, queste a volte pesano un po' di più, altre un po' di meno, ma fanno tutte parte di noi. Quindi arrivati a questo punto, propone Pellai possiamo solo domandarci: "Come sono andate le cose fino ad ora? o come vorrei che andassero? La seconda cosa che proverei a dirmi è: ma chi è l'altro me stesso che bussa alla porta e che mi chiede di entrare? Cioè che caratteristiche ha? Perché mi spaventa, perché mi fa sentire in ansia, oppure, perché lo ritengo così difficile da mettere dentro di me?".
Molte volte tutte queste domande ci spaventano e scappiamo da noi stessi, non siamo pronti ad affrontare la realtà, a fare i conti con ciò che ci eravamo prefissati e forse non siamo stati (ancora) in grado di raggiungere. Siamo capaci di giudicare una situazione esterna ma quando si tratta di noi facciamo fatica. I pensieri che riflettono i nostri giudizi e i giudizi degli altri pesano, ma se ci ragioniamo su potremmo anche accorgerci che ciò che immaginiamo a volte non rispecchia la realtà.
Se arrivati ad un certo punto della nostra esistenza dobbiamo fare i conti con il nostro destino e con le esperienze fatte fino ad un dato momento, secondo Pellai, dobbiamo anche porci una domanda che viene prima di tutte le altre, ovvero, "dove voglio arrivare con me stesso?"
L'esperto ci consiglia di non arrivare mai ad una risposta conclusiva, perché questa continua ricerca è la linfa che ci tiene in vita, è palestra per il nostro cervello aggiunge "muscolatura emotiva e cognitiva". L'unica risposta certa che possiamo dare a noi stessi è: "accogliersi ed essere indulgenti, ma non in modo auto protettivo in modo sfidante". Vedere il nostro coinquilino interiore come un giocatore della squadra avversaria, non malevolo, ma sano, leale qualcuno che con continue sfide ci induce a diventare la versione migliore di noi stessi. "C'è un pezzetto di te che può davvero stupirti perché è pieno di sorprese. Vallo a cercare non tenerlo fuori dalla porta", conclude Pellai.
di NATALIA SESSA
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