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Pellai:Oggi molti genitori vogliono essere i garanti della felicità dei figli e se potessero la comprerebbero al supermercato ma in tal modo cresceranno figli fragili ed incapaci di affrontare la vita

“Ora si cerca di evitare ai figli ogni fatica. Un’immagine emblematica? Lo zaino sulle spalle del genitore fuori dalla scuola media. In questo modo diventa difficile per i ragazzi confrontarsi con il principio di realtà, che non è così accogliente…”

Svolgere la funzione di genitore, in un mondo sempre più veloce ed iperconnesso, appare un compito arduo, una vera e propria sfida educativa che pone l’attenzione non solo sui giovani ma anche sugli adulti.


Non esiste, infatti, un manuale da seguire per poter essere un buon genitore, la genitorialità non è un’abilità innata ma genitori si diventa giorno dopo giorno, con tanto impegno e dedizione, sbagliando ed imparando dagli errori commessi, dedicando ai figli il proprio tempo, così da accompagnarli nel loro percorso formativo e di crescita.

A tal proposito Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, pone l’accento sull’importanza di essere genitori autorevoli, capaci di allenare i propri figli alla vita, insegnando loro a perdere.

“Il bravo allenatore non punta a farti vincere, ma a farti crescere, strutturare e acquisire abilità attraverso la fatica. Non si sostituisce mai nelle prove, ma osserva, commenta, guida. Non è preoccupato né della tua vittoria né della tua sconfitta, perché è prima di tutto un garante del percorso. Gli adulti del terzo millennio sono molto più attenti al traguardo, pronti a tutto pur di far vincere i figli. Ma l’età evolutiva non è un tempo di vittorie, è un tempo di costruzione di abilità e competenze”, queste le significative parole dello psicoterapeuta dell’età evolutiva.

Gli adulti, pertanto, in qualità di genitori, devono essere in primis garanti del percorso formativo dei loro figli, svolgendo la funzione di guide, bravi allenatori che non si preoccupano solo dei traguardi, delle vittorie, ma della crescita dei giovanissimi, insegnando loro cosa significhi davvero perdere, cadere, ma anche rialzarsi, rimettersi in piedi, e proseguire il proprio cammino, senza desistere o farsi abbattere dai momenti difficili che la vita ci pone dinanzi.


“Oggi molti vogliono essere i garanti della felicità dei figli: se potessero, la comprerebbero al supermercato. Le generazioni passate sostenevano la crescita, senza preoccuparsi troppo della felicità. Ora si cerca di evitare ai figli ogni fatica. Un’immagine emblematica? Lo zaino sulle spalle del genitore fuori dalla scuola media. In questo modo diventa difficile per i ragazzi confrontarsi con il principio di realtà, che non è così accogliente e accomodante. Crescendo, si ritrovano affaticati, disorientati, impreparati ad affrontare le richieste della vita. Un’altra sfida è la solitudine. Un tempo c’erano grandi famiglie allargate, mentre oggi i genitori devono cavarsela spesso da soli. E poi siamo i primi genitori nella storia a crescere figli che hanno due vite: reale e virtuale”, in tal modo Alberto Pellai continua la sua profonda riflessione.


Molti genitori, pertanto, vogliono essere i garanti della felicità dei propri figli, evitando a questi ultimi qualsiasi fatica, ma così facendo cresceranno giovani fragili, disorientati, impreparati ad affrontare le difficoltà della vita, incapaci di cavarsela da soli, privi di autonomia e di responsabilità.

Sono tanti, inoltre, i genitori che prediligono la logica della gratificazione istantanea: “il genitore con l’ansia di essere amabile e di diventare il miglior amico del figlio diventa un promotore più del ‘mi piace’ che del ‘mi serve’, dà al ragazzo ciò che vuole invece di quello che gli è utile per diventare grande. È la cosiddetta adultescenza: adulti che si comportano come adolescenti, rinunciando all’autorevolezza”, così come ci spiega molto dettagliatamente lo psicoterapeuta.


Occorre, dunque, che gli adulti si riapproprino della loro autorevolezza, imparando a dire i “no” che aiutano a crescere, non prediligendo la logica della gratificazione istantanea, non facilitando a tutti i costi il percorso formativo e di crescita dei giovanissimi ma fungendo da guida, diventando promotori della loro autonomia, insegnando loro che l’età evolutiva non è un tempo di vittorie ma un tempo di costruzione di abilità e competenze, così che le nuove generazioni possano imparare a cadere ma anche a rialzarsi, sperimentando non solo le vittorie ma anche le sconfitte, consapevoli che qualsiasi obiettivo possa essere raggiunto con forza e determinazione, costanza e sacrificio, e che nulla sia dovuto nella vita, mirando pertanto alla loro autorealizzazione.



di VALENTINA TROPEA

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