Pellai: come educare bambini e giovani? È necessario avere competenza per saper dosare la giusta distanza in funzione dei bisogni così da offrire relazione ed esperienza a misura di sviluppo
- La Redazione

- 29 ago
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 30 ago
"Perché essere buoni educatori non è semplicemente questione di strategia o metodo da applicare, ma è prima di tutto una questione di relazione. L’adulto deve essere esperto di relazione. Deve dosare la giusta..."

Svolgere la funzione genitoriale adeguatamente e congruamente implica senz’altro tanto impegno e dedizione così da garantire una presenza costante senza essere però eccessivamente protettivi o invadenti, garantendo quindi indipendenza e libertà di autodeterminazione ai nostri figli.
Ci si chiede spesso se esista davvero un metodo per poter diventare bravi genitori, in qualità di educatori, così da gestire serenamente il rapporto con i propri figli, evitando inutili scontri o incomprensioni.
A tal fine Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, descrive un nuovo modello educativo in tal modo: “In un tempo di fragilità educativa, ecco affacciarsi nuovi approcci e metodi con cui gestire la relazione con un figlio. La novità nel campo dell’educazione si chiama ‘Metodo FAFO’ dove FAFO è l’acronimo di ‘Fucking Around and Find Out’ che tradotto in Italiano potrebbe suonare come ‘mettiti alla prova e scopri tu stesso quali conseguenze hanno le tue azioni’. Il metodo è completamente centrato sull’autonomia del bambino e vede l’adulto sottrarsi ad ogni tentativo di direzionamento o guida, convinto che sarà il bambino stesso a dedurre da ciò che vive e agisce il miglior modo per stare al mondo”.
Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva, senza alcuna esitazione, in maniera chiara e dettagliata, continua affermando che:
“Siamo usciti da due decenni che hanno esaltato il modello del “gentle parenting” ovvero di una genitorialità sempre attenta ai bisogni emotivi del bambino, sempre sintonizzata sui suoi stati mentali, sempre disponibile a chiedere, verificare, spiegare, accogliere e accompagnare. Si è pensato a lungo che l’educazione basata sul gentle parenting fosse ciò di cui il bambino ha più bisogno. Ma è accaduto che i bambini non sembrano aver giovato di questa super-attenzione e disponibilità emotiva del mondo adulto. Anzi… Oggi molti specialisti dell’età evolutiva parlano di un’infanzia fragile perché troppo protetta, troppo attenzionata, troppo abituata a vedersi sottratta ad ogni forma di disagio e frustrazione da genitori incapaci di lasciar andare, di fare sì che un bambino possa anche affrontare le conseguenze di errori e di cadute che nella vita non sempre possono essere prevenute o rimosse. Così, la genitorialità di inizio terzo millennio spesso definita come ‘genitorialità elicottero’ o ‘spazzaneve’ lascia ora spazio ad un modello genitoriale esattamente opposto, che è quello proposto dal metodo FAFO”.
Tale modello educativo consentirebbe ai bambini di agire autonomamente, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni, imparando dall’esperienza, traendo insegnamento dai propri errori. Ma tale approccio educativo potrebbe essere considerato davvero quello giusto?
Alberto Pellai a tale quesito risponde negativamente, dichiarando espressamente che:
“I genitori spesso vorrebbero una ricetta con ‘il metodo magico’ che applicato in ogni situazione dia sempre l’esito sperato. Ma in educazione questo metodo magico non esiste. Perché essere buoni educatori non è semplicemente questione di strategia o metodo da applicare, ma è prima di tutto una questione di relazione. L’adulto deve essere esperto di relazione. Deve dosare la giusta distanza e la giusta vicinanza in funzione del bisogno specifico che un minore ha in un determinato momento. Non è una semplice questione di sintonizzazione emotiva, come richiesto dal metodo del ‘gentle parenting’ o – al contrario - di distanziamento come evocato dal metodo FAFO. L’educatore competente a volte sta davanti e a volte sta dietro al bambino di cui si sta occupando. A volte sta di fianco e lo accoglie amorevolmente in tutti i suoi bisogni, ma altre volte lo deve contenere e accompagnare nell’affrontare disagi o frustrazioni, aspetti che il bambino non sempre sa gestire in autonomia. In educazione, si è spesso fatto ricorso al mito del bambino ‘competente’ che ha già in sé abilità e risorse per affrontare tutto. Ma la competenza del bambino non è una dimensione innata, bensì è qualcosa che si sviluppa in funzione della capacità dell’adulto di offrirgli relazione ed esperienza a misura della fase di sviluppo”.
Dunque, dalle parole di Pellai si desume come il metodo FAFO non rappresenti la reale soluzione alla dilagante emergenza educativa ma anzi tale nuovo approccio educativo potrebbe trasformarsi in un alibi inattaccabile per “adulti distratti, assenti e spesso immersi nella propria realtà”.
Un buon educatore, invece, dovrebbe essere portatore di responsabilità e competenza, sapendo dosare la giusta distanza e la giusta vicinanza in funzione di bisogni specifici del bambino così da offrire relazione ed esperienza a misura della fase di sviluppo, garantendo una presenza costante senza però essere iperprotettivo o invadente.
di VALENTINA TROPEA






.jpg)




















%20(2).jpg)
.jpg)





















Commenti