Lucangeli: “Se un bambino impara con gioia, impara di più e meglio. Il bravo maestro è colui che aiuta, che dà fiducia e coraggio, non che ingozza e giudica, somministra e verifica”
- La Redazione

- 3 ago
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L’alleanza che si instaura tra il maestro ed il suo allievo, permettendo di far rifiorire emozioni positive, consentirà allo studente di apprendere serenamente, acuendo curiosità ed interesse, stimolando la sua voglia di impegnarsi, così da…"

È molto importante che i bambini, sin da piccoli, nell’ambito del loro percorso formativo e di crescita, non sperimentino la paura dell’errore, dell’insegnante o delle verifiche. Emozioni negative come la paura, la vergogna o il senso di colpa, infatti, interferiscono fortemente con i circuiti dell’apprendimento.
“Il meccanismo della colpa, in particolare, funziona in questo modo: il bimbo fallisce; l’insegnante attribuisce a lui la responsabilità del fallimento. Si tratta di un sistema di deresponsabilizzazione, un atto interpretativo speculare per cui l’insegnante, evitando di assumersi la responsabilità, la fa ricadere sull’allievo”, queste le considerevoli parole di Daniela Lucangeli, stimata scienziata e docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova, attraverso le quali poter iniziare un’analisi ben dettagliata.
Per poter fronteggiare la paura ed il senso di colpa è necessario che tra l’adulto ed il bambino, tra l’allievo ed il maestro, si instauri un’alleanza così che possano lavorare assieme nella stessa direzione, preservando il diritto di sbagliare.
“Un altro grande antagonista della paura è il coraggio. Quella del coraggio è una sensazione sostenuta da diversi meccanismi: il senso di alleanza, l’impressione di non essere soli, il desiderio di vincere l’ostacolo. È ciò che, di fronte a una reazione di timore, consente di attivare le proprie risorse per affrontare una difficoltà e superarla. Chi vuole aiutare un bambino in pena deve quindi riuscire a infondergli coraggio”, così come ci spiega molto dettagliatamente la stimata scienziata.
Possiamo affermare, infatti, che le esperienze scolastiche negative sono in grado di generare un cortocircuito emozionale tale da indurre emozioni e pensieri capaci di inceppare l’apprendimento, la cosiddetta impotenza appresa.
“Ciò significa che quando uno studente nel commettere uno sbaglio riconduce il proprio fallimento alla propria incapacità, e percepisce la situazione fuori dal proprio controllo, sente che non può fare niente per cambiare le cose e quindi si blocca: non riesce più a imparare. Un meccanismo psicologico produce un blocco nei circuiti di attivazione neurofunzionale”, in tal modo Daniela Lucangeli continua la sua profonda riflessione.
Le emozioni ad alta intensità positiva, invece, riattivano l’apprendimento, lasciando libera la funzione cognitiva di continuare ad imparare, “sono come tanti pianerottoli disposti lungo una scala: rappresentano dei momenti di ristoro che aiutano a riposarsi dalla fatica del salire; le emozioni positive nutrono l’apprendimento, stimolano l’interesse, la curiosità, il senso di completezza di sé, la percezione di affrontare una sfida commisurata alle proprie possibilità, la consapevolezza, la voglia di impegnarsi… Il tutto non per una scuola «facile», ma per una scuola autentica”, questa l’analisi chiara e dettagliata della docente di Psicologia dello sviluppo all'Università di Padova.
Dunque quell’alleanza che si instaura tra il maestro ed il suo allievo, permettendo di far rifiorire emozioni positive, consentirà allo studente di apprendere serenamente, acuendo curiosità ed interesse, stimolando la sua voglia di impegnarsi, così da avere maggiore consapevolezza di se stessi e delle proprie capacità.
Gli studenti, invece, provano malessere a scuola anche e soprattutto a causa di un carico cognitivo spesso inadeguato per quantità e qualità: ai ragazzi si chiede di imparare troppo, in poco tempo, senza passione e con la frustrazione di non riuscire.
“Ma a scuola, come nella vita, cresce ciò che semini. Se un bambino impara con gioia, impara di più e meglio. Il bravo maestro è colui che aiuta, che dà fiducia e coraggio, non che ingozza e giudica, somministra e verifica”, ecco allora la vera funzione del maestro secondo la stimata scienziata.
“Se un insegnante vuole creare alleanza con un bimbo, non ci riuscirà con una nota sul diario o facendogli ripetere 20 volte l’esercizio che ha sbagliato, ma passandogli accanto, mettendogli un braccio intorno alle spalle e dicendo: «Teniamolo lì, quell’errore: domani lo combatteremo assieme»”, in tal modo Daniela Lucangeli conclude la sua splendida disamina.
di VALENTINA TROPEA






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