Madri lavoratrici: sempre più donne abbandonano la carriera, lo conferma l’Ispettorato Nazionale del Lavoro
- La Redazione
- 9 giu
- Tempo di lettura: 2 min
Il peso della conciliazione tra famiglia e lavoro spinge sempre più madri a rinunciare alla carriera. I dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro rivelano una realtà che coinvolge migliaia di famiglie italiane.

Coniugare la vita familiare e quella lavorativa a volte è davvero complicato; quando in una famiglia sono presenti anche i figli, questo carico diventa davvero estenuante. Nella maggioranza dei casi sono le madri a subirne maggiormente le conseguenze, perché, non riuscendo a trovare il giusto connubio, non vedono altra scelta se non quella di rinunciare al loro posto di lavoro. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, a riguardo, ha condotto un’indagine con dati relativi all’anno 2024.
Le dimissioni volontarie o le risoluzioni consensuali da parte dei genitori lavoratori sono state più di 60 mila, con una netta differenza tra madri lavoratrici, ben 42.237, e padri lavoratori, 18.519. Il divario tra le due figure è evidente: sono quasi sempre le donne a rinunciare alla propria carriera, ma i dati hanno evidenziato anche un’evoluzione positiva. Infatti, i padri che hanno rinunciato al loro lavoro per dedicare più tempo alla famiglia sono il 21,1%, dato in rialzo rispetto al 2023.
In ogni caso, lo squilibrio rimane significativo. Un altro aspetto su cui possiamo concentrarci è l’età del bambino: le donne abbandonano il posto di lavoro principalmente quando il bambino ha un’età compresa tra 0 e 3 anni. È risaputo che i primi anni di vita sono quelli in cui il bambino richiede maggiori cure e attenzioni e, nei casi di allattamento naturale, ciò comporta un impegno importante da parte della madre. Le ragioni che spingono uomini e donne ad abbandonare la carriera sono molteplici.
Per le donne, la difficoltà di conciliazione tra esigenze familiari e lavorative resta un nodo cruciale: sono ben il 47,5% le donne che rifiutano un’offerta lavorativa per questa ragione, ma anche un numero non certo esiguo di uomini, ben il 66,6%, segue le donne in questa decisione. Le dimissioni degli uomini sono spesso motivate dalla ricerca di un’altra occupazione che preveda orari e condizioni lavorative migliori; nel caso di un padre, avere maggior tempo da dedicare alla famiglia resta una delle priorità principali. Le donne, in particolar modo le madri, dovrebbero avere maggiore supporto, non solo dai loro compagni e mariti nella gestione familiare, ma anche dalle istituzioni.
La carenza di istituti come gli asili nido e i costi elevati di queste strutture non aiutano certo questa condizione. Il governo dovrebbe garantire alle famiglie maggiore assistenza e concentrarsi su aiuti concreti, come sussidi economici per le rette di queste istituzioni. In questo modo si garantirebbe un accesso più facilitato agli asili nido, e le donne sarebbero più libere di concentrarsi sulla loro carriera. Il lavoro è un diritto per tutti. Una donna, una madre, che si vede privata della carriera per dedicarsi alla famiglia, si vede privata anche di autonomia e indipendenza; questa condizione potrebbe avere un impatto negativo sia sul piano psicologico della persona, sia sul benessere dell’intera famiglia.
di NATALIA SESSA
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