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"LA MAFIA UCCIDE IL SILENZIO PURE", PEPPINO IMPASTATO È VIVO E LO DICIAMO. IL CORAGGIO DELLE IDEE È L'EREDITÀ CHE DEVE GERMOGLIARE OGNI GIORNO TRA I BANCHI DI SCUOLA

In Onda pazza Peppino, oltre a non risparmiare la denunzia dei misfatti della mafia, mostrava la sua capacità di satira facendo dell’ironia l’arma principale. Nonostante le minacce e le continue pressioni della comunità locale, nel 1978 si candidò nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, ma...




Sono trascorsi ben 46 anni dalla morte di Giuseppe Impastato, detto Peppino, nato a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, ed assassinato nella notte tra l'8 ed il 9 Maggio 1978: il suo corpo venne ritrovato, ormai esanime ed in brandelli, vicino ai binari della ferrovia Palermo-Trapani.

La sua famiglia era legata a Cosa Nostra: il padre Luigi era stato inviato al confine durante il periodo fascista per la sua appartenenza alla mafia, lo zio e gli altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre, Cesare Manzella, era il capomafia del paese, ucciso nel 1963 in un attentato con una Alfa Romeo Giulietta riempita di tritolo. La madre Felicia Bartolotta, casalinga, figlia di un impiegato comunale di Cinisi, aveva cercato di evitare il matrimonio quando aveva scoperto i rapporti di Luigi con la mafia. Peppino era il primogenito ed ebbe due fratelli minori entrambi di nome Giovanni, il primo nato nel 1949 e morto di meningite nel 1952 all'età di soli 3 anni, il secondo nato nel 1953.

Il ragazzo ruppe presto i rapporti con il padre, che lo cacciò di casa, e avviò un'attività politico-culturale di sinistra e di antimafia. Nel 1965 fondò il giornalino L'idea socialista e aderì al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipò, con il ruolo di dirigente, alle attività delle nuove formazioni comuniste, come Il manifesto e, in particolare, Lotta Continua.



Condusse le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi.

Nel 1976 costituì il gruppo Musica e cultura, che svolgeva attività culturali. Nel 1977 fondò Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denunciò i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo di Gaetano Badalamenti (chiamato da Peppino sarcasticamente «Tano Seduto»), successore di suo zio Cesare Manzella come capomafia locale, che aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto di Punta Raisi.


Il programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica in cui Peppino derideva mafiosi e politici, inondando di satira “politica” tutti quei personaggi che conosceva personalmente, senza risparmiare nessuno, e potendo sempre contare su notizie freschissime e riservate, pronte per essere messe in onda alla sua maniera. In Onda pazza Peppino, oltre a non risparmiare la denunzia dei misfatti della mafia, mostrava la sua capacità di satira facendo dell’ironia l’arma principale.

Nonostante le minacce e le continue pressioni della comunità locale, nel 1978 si candidò nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, ma non fece in tempo a sapere l'esito delle votazioni perché venne assassinato a campagna elettorale ancora in corso, la notte del 9 maggio, su commissione di Badalamenti, venendo colpito a morte o tramortito con un grosso sasso (che venne rinvenuto a pochi metri di distanza, ancora sporco di sangue) e tentando di far apparire la sua morte come dovuta a un attentato fallito o a un suicidio, per distruggerne anche l'immagine, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani. La lista di Democrazia Proletaria ottenne 260 voti e un seggio; gli elettori votarono comunque, simbolicamente, per il defunto Peppino, che addirittura risultò il candidato più votato con 199 preferenze, con il suo seggio che andò ad Antonino La Fata.


Il professore Paolo Procaccianti, medico legale che eseguì l'autopsia sul suo corpo,  ricorda nitidamente quel giorno, quando andò sul luogo del delitto assieme al suo Maestro, Ideale Del Carpio: "C'erano ancora una parte dei resti di Impastato, nel casolare accanto alla ferrovia trovai una pezzuola nera, quella in cui probabilmente fu avvolto l'esplosivo utilizzato per ucciderlo".

"Non venni mai sentito - racconta Procaccianti - se non dopo tantissimi anni dal sostituto procuratore Franca Imbergamo che mi disse: "'Ma voi l'avevate scritto...'".



In effetti tra le righe della nostra relazione autoptica mettevamo in luce delle discrepanze. Allora però la medicina legale era agli albori e prevalevano comunque le ricostruzioni investigative". Sembra strano, visto il ruolo centrale che hanno invece oggi gli accertamenti autoptici nei processi, pensare che all'epoca certi elementi, per nulla secondari e soprattutto di natura scientifica, potessero essere ritenuti poco rilevanti. "Mi fu utile - spiega ancora Procaccianti - l'aver partecipato qualche anno prima all'autopsia dell'editore Giangiacomo Feltrinelli.

"Il clima di quegli anni - ricorda ancora il professore - era pesante e si preferì la pista terroristica, anche perché Impastato era un militante di Sinistra, e l'ipotesi che stava preparando un attentato per distruggere lo Stato, piuttosto che quella mafiosa".



Non possiamo e non dobbiamo dimenticare Peppino Impastato, esempio per molti, tanti di noi: lui che quella mafia ce l'aveva in casa, la conosceva bene e che non ha mai smesso di lottare, di andare avanti, di ribellarsi perché quella sua famiglia non poteva e non doveva ostacolarlo. Sono trascorsi orami 46 anni ma l'ammirazione nei suoi confronti non avrà mai fine. Oggi, domani, per non dimenticare.

Non bisogna mai piegarsi, mai mollare, mai desistere....ognuno di noi deve sempre perseguire i suoi obiettivi, portare avanti i suoi ideali, non avere timore mai di nessuno.. tutto ciò che bisogna fare è andare avanti e non voltarsi mai indietro.

La propria dignità non ha prezzo ed il denaro non potrà mai comprare la nostra libertà, il nostro tempo, i nostri ideali. Non esiste solo la paura, esiste anche il coraggio.


Scena finale del film " I cento passi "




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di VALENTINA TROPEA




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