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Crepet: "Quel bambino, cercava solo comprensione: imparare a gestire l'intelligenza emotiva, trasmetterla e spiegare le difficoltà ai figli fa parte della vita. Non è giusto ciò che è accaduto ”

L'esperto interviene sul caso del bambino lasciato solo in classe in una scuola di Firenze: "Deve essere stato terribile per lui, perché forse in qualche modo solo lo era già..."

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Sull'episodio del bambino rimasto solo in classe (leggi qui) è intervenuto il sociologo e psichiatra Paolo Crepet, riferendo che “Non è giusto ciò che è successo in quella scuola”. Secondo l’esperto i genitori non dovevano coalizzarsi per lasciare solo il minore, ma dovevano fare di tutto per impedirgli di sentire quella solitudine e senso di abbandono. L'esperto definisce questo episodio come di assoluto “egocentrismo, ma non mi stupisce”.


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Crepet spiega che il comportamento dei genitori, non solo in questo caso particolare, è “paradossale”: quando si verificano episodi del genere sono particolarmente attenti alla vita dei figli, fanno valere diritti e doveri e attribuiscono la responsabilità alle istituzioni,  ma quando crescono: “la sera escono e mamma e babbo neanche sanno dove sono”. Questo accade perché gli adulti di riferimento non sanno più “gestire l’intelligenza emotiva”.

Quindi quale comportamento poteva aiutare davvero quella situazione senza creare clima di tensione ?

Secondo l’esperto la soluzione stava nel far conoscere ai propri figli le diversità che possono esserci in una scuola, spiegare loro che esistono tempi, peculiarità, caratteri differenti: “Avrei parlato con mio figlio. Per fargli capire che la scuola non è una casermetta dove si è tutti uguali e con la stessa giacca, ma un un luogo dove magari ci sono bambini diversi gli uni dagli altri, con dei problemi a casa”. 

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I genitori in questo caso dovevano provare la “fatica” di spiegare, di affrontare, un argomento tanto difficile quanto reale, che alla fine li avrebbe fatti sicuramente “crescere”. Crepet spiega che facendo in questo modo, privandoli di vivere questa situazione complessa, problematica non li hanno difesi, ma li hanno resi ancora più fragili e incapaci di destreggiarsi nelle difficoltà della vita, li “chiudono nel castello di casa”.

Mentre, per il bambino trovarsi da solo in classe deve essere stato terribile, il senso di solitudine che ha provato deve essere stato traumatico, una sensazione che lo accompagnerà a lungo oltre ad averlo fatto sentire sbagliato e non accettato. Conclude Crepet: “Deve essere stato terribile per lui, perché forse in qualche modo solo lo era già e avrebbe soltanto cercato accoglienza e comprensione”. 

Per l’incapacità di gestione degli adulti, in questo caso sia da parte dei genitori che da parte delle istituzioni, ciò che ne ha avuto la peggio sono stati i bambini e le loro relazioni. I piccoli hanno una diversa concezione della paura rispetto agli adulti, riescono ad essere più istintivi e a buttarsi a capofitto verso situazioni sconosciute. In questo caso gli adulti avrebbero dovuto imparare da loro a non avere paura di affrontare questa difficoltà e magari perché no, essere più empatici nei confronti di un minore con evidenti difficoltà comportamentali, un passo troppo arduo forse per una generazione concentrata, come dice l’esperto, su un “assoluto egocentrismo”

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di NATALIA SESSA

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