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Crepet, occorre insegnare ai giovani a vivere le passioni e a mettere al centro della loro vita le emozioni, per essere liberi e non avere il timore di essere giudicati

Aggiornamento: 5 dic 2024

Molti giovani, erroneamente, sono portati a pensare che siano i genitori a dover provvedere alla loro sistemazione: un po' come se la loro crescita individuale, lo sviluppo della loro identità, passasse attraverso la mediazione familiare, con...

Un aspetto che merita un'attenta riflessione è proprio quello concernente la possibilità delle nuove generazioni di affermarsi ed immettersi nel mondo del lavoro, una volta terminato il loro percorso di studi.

Si tratta di una questione molto delicata che presuppone sicuramente una maggiore attenzione ed accortezza, alla luce della sua notevole importanza. Un'analisi critica al riguardo ci viene offerta dal sociologo e psichiatra Paolo Crepet che, attraverso le sue parole, consente di porre l'accento su alcuni particolari aspetti.

Sono infatti davvero tanti i giovani che, concluso il loro ciclo di studi, spesso in maniera eccelsa, faticano a trovare un posto nella società, svolgendo un lavoro dignitoso e con un'adeguata remunerazione. Spesso questi ragazzi vengono sottopagati e sfruttati, un po' come se chi fosse più bravo non meritasse di essere considerato, trascurando ed ignorando completamente la meritocrazia.

"Sto parlando di una questione che va ben al di là della difesa di diritti pur fondamentali dei più giovani. Si tratta dell'integrità stessa dell'equilibrio psichico. Infatti, una delle componenti fondamentali dell'identità è costituita dal lavoro: sono proprio il nostro mestiere o la nostra professione le prime cose che descriviamo di noi quando ci presentiamo a sconosciuti", queste le parole dello psichiatra Paolo Crepet.

Mentre un tempo si iniziava come apprendisti in una bottega artigiana, per poter imparare il mestiere, così da diventare bravi maestri ed insegnare ad altri ciò che si era appreso, oggi la situazione è mutata radicalmente: oggi si hanno diverse prospettive professionali e ciò ha determinato non solo un'incertezza lavorativa, ma anche delle ripercussioni sull'identità del soggetto.

Le nuove generazioni stentano a trovare un lavoro in società e ciò non determina una crescita armonica della loro identità.

"Si diventa uomini e donne anche attraverso il lavoro: ovvero attraverso il sapere, la progettualità, la consapevolezza delle nostre risorse e dei nostri limiti, il senso di responsabilità, la percezione di solidarietà che esso contribuisce nel tempo a costruire e a infondere nell'individuo. E quando tutto ciò viene a mancare o è fortemente in bilico, diventa difficile sapere chi siamo, e rappresentarlo agli altri", così ribadisce Crepet in maniera significativa.

Molti giovani, erroneamente, sono portati a pensare che siano i genitori a dover provvedere alla loro sistemazione: un po' come se la loro crescita individuale, lo sviluppo della loro identità, passasse attraverso la mediazione familiare, con conseguenti irresponsabili facilitazioni.

Ma si tratta in realtà di un grave errore proprio perché le nuove generazioni hanno bisogno di stimoli, devono imparare a cadere e a rialzarsi da sole, senza intermediari o futili facilitazioni.


"Senza cultura non c'è libertà, non c'è scelta. Non c'è crescita sociale, né reale benessere", sottolinea lo psichiatra a gran voce.

Ecco allora l'importanza di insegnare ai giovani a vivere le passioni, a mettere al centro della loro vita le emozioni, prediligendo la curiosità verso ogni singolo aspetto della loro esistenza, così da imparare ad essere indipendenti, liberi, scevri da preconcetti e pregiudizi: bisogna educare le nuove generazioni a vivere, a sbagliare, a continuare a provarci, senza mai aver timore di essere giudicati.

"L'antidoto all'indifferenza che investe l'adolescenza e la giovinezza è dunque quella forma di curiosità per le persone e le cose che consente di stabilire un contatto, di parlare con loro, non di loro o semplicemente a loro: si chiama, appunto, passione ed è un profondo umano straordinario strumento di conoscenza di sé e del mondo. Un salvavita che va impollinato giorno dopo giorno per tutto il tempo della crescita", queste le parole con le quali Paolo Crepet conclude la sua significativa riflessione.


di VALENTINA TROPEA





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