CREPET: L'ANSIA POSITIVA CONTRO L'OMOLOGAZIONE. LA RESPONSABILITÀ CI FA AGITARE, LA STRADA GIUSTA PER SCONFIGGERE L'INDIFFERENZA
- La Redazione
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Lo psichiatra Paolo Crepet spiega perché la “normalità” non rende felici e come ansia e unicità possano diventare risorse di crescita...

“Non c’è niente di interessante nella normalità”, così esordisce Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, nell’intervista con Alessandro Cattelan nel suo programma televisivo, e prosegue:
"Quando ci si innamora di qualcuno, se gli amici chiedono ‘com’è?’, la risposta non può essere ‘normale’. Sarebbe un’offesa, no?”. Perché a tutti i costi ci stanno educando all’omologazione di genere, tutti proiettati sugli stessi obiettivi, con gli stessi tempi e ritmi biologici, è del tutto impossibile. Ed è questo il concetto che vuole esprimere l’esperto quando parla di “anormalità”, tutto ciò che facciamo, che pensiamo, che elaboriamo è frutto di una mente unica che lavora seguendo un meccanismo tutto suo, a tal proposito afferma: “Prova a fare qualcosa di tuo, quella cosa lì sarà anormale. Noi siamo unici, ognuno di noi è unico. Perché non tirarlo fuori?”.
Estraniarsi dalla nostra vera essenza non è la strada giusta, certo più facile sarà l’accoglienza in una società che non è disposta a vedere un mondo “diverso”, ma per raggiungere la serenità interiore quella che riesce a mantenere in equilibrio mente, spirito e corpo, dobbiamo ascoltarci e far emergere la nostra “anormalità”.
Durante l’intervista, l’esperto poi decide di dedicarsi ad un altro argomento che potremmo definire di tendenza nell’ultimo periodo. Si parla molto di ansia e disagio psicologico in maniera esagerata, non ci stiamo riferendo naturalmente a tutti quei casi in cui è necessario un intervento di specialisti competenti. Per l’esperto queste emozioni che percepiamo come “fastidiose”, che si fanno spazio nella quotidianità della vita impedendoci a volte di essere lucidi e razionali, dobbiamo semplicemente normalizzarle, queste le parole di Crepet:
“Adesso abbiamo questa cosa che siamo tutti ansiosi, ma anche lì ma perché dobbiamo usare questi termini?”, continua , “Borges parlava dell'ansia del poeta cioè di quella cosa che anche io ho provato prima di venire qua”. L’esperto con serenità e consapevolezza ammette di provare anche lui in alcune situazioni particolari “un po’ di ansia”, e prosegue: “Fa bene perché sono qua, non siamo al bar, stiamo parlando di fronte a tante persone, quindi dobbiamo pensare alle parole, abbiamo una responsabilità, quella ti fa venire un po' di ansia”.
L’ansia, la preoccupazione, se non patologiche, sono conseguenze di una coscienza che ha a cuore il messaggio che deve trasmettere. La responsabilità verso noi stessi e verso gli altri è un elemento fondamentale e il suo peso, la sua importanza a volte ci fa essere agitati, conclude il suo intervento Crepet: “Se non ci fosse questo, ci sarebbe il baratro che si chiama indifferenza. Questo è terribile e noi non vogliamo insegnare questo”.
di NATALIA SESSA