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Crepet: credere nei bambini e negli adolescenti implica il coraggio di puntare sulle loro potenzialità. Bisogna proporre cose difficili per metterli nelle condizioni anche di poter cadere e rialzarsi

Aggiornamento: 27 gen

In una società in cui si accelerano i tempi di crescita dei più piccoli si pretende che i processi di apprendimento cognitivo siano perfezionati sempre più precocemente...

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Quando ci si avvicina ai giovanissimi, solo per un momento, per ascoltarli, allora ci si rende conto di quale sia il loro modo di fare, di pensare, quali siano le loro attitudini, passioni, ambizioni, i loro sogni che spesso custodiscono gelosamente. Non esistono altre maniere per guidarli nel loro percorso di crescita se non quelle che implicano ascolto, premura, attenzione e soprattutto tempo: per conoscere fino in fondo i giovani occorre mettere a disposizione il nostro tempo, risorsa preziosa ed inestimabile.

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Gli educatori, nella veste di genitori ed insegnanti, hanno una grande responsabilità: devono essere in grado di trasformarsi in punti di riferimento, guide, dalle quali attingere consigli utili, esempi di vita, così da mettere al servizio dei giovanissimi quell’esperienza che arricchisce, senza soffocare od opprimere.

“L’idea di far fare ai bambini e agli adolescenti cose difficili, di metterli nelle condizioni di sbagliare e di riprovarci, implica il coraggio di credere nelle loro potenzialità: ecco perché è un’idea poco popolare tra gli educatori. Con qualche lodevole eccezione”, in tal modo intraprende la sua riflessione il sociologo e psichiatra Paolo Crepet.

Così come fece per prima Maria Montessori, così anche noi dobbiamo comprendere che ogni bambino possiede un proprio talento, non solo i primi della classe, così allontanando quella convinzione secondo la quale talento e rendimento scolastico siano sinonimi.

Un buon educatore è in grado di guardare oltre, non soffermandosi all’apparenza, ma percependo sin da subito la presenza di quelle potenzialità alle volte solo nascoste ma ben presenti.

Non ci si deve occupare, allora, solo dei più bravi, ma si deve avere contezza che il talento può nascondersi in chiunque: fa parte di noi la bravura di riconoscerlo.

In una società in cui si accelerano i tempi di crescita dei più piccoli si pretende che i processi di apprendimento cognitivo siano perfezionati sempre più precocemente, così come ci spiega Paolo Crepet molto dettagliatamente.

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In tal modo ogni difficoltà di crescita del bambino, ogni limite, ogni dubbio, verrà vissuto dai genitori come se fosse un’angosciante sconfitta, sottovalutando i problemi esistenziali dei propri figli, e così neutralizzando la comunicazione, con contestuale incapacità di comprendere il mondo emotivo dei più giovani.

“La scomparsa, in molte famiglie, della figura dei nonni, ad esempio, rappresenta un ulteriore elemento di debolezza: così come i genitori, anche loro sono più vecchi di quelli delle generazioni passate e non sono più così disponibili, inoltre spesso vivono lontano dalla casa dei nipoti. Quest’assenza implica un impoverimento in termini di identità, in quanto nella crescita della

personalità dei nostri figli viene a mancare la dimensione retrospettiva”, queste le parole dello psichiatra.

Occorre, quindi, ristabilire tra genitori e figli un giusto equilibrio così da riporre nei ragazzi la giusta dose di fiducia, lasciando loro la libertà di sbagliare, di cadere, ma anche di rialzarsi, sperimentando sulla propria pelle non solo la gioia e la felicità ma anche il dolore e la sofferenza. Nessun genitore può pretendere di proteggere i propri figli da qualsiasi malessere, tenendoli sotto una campana di vetro, ma deve avere il coraggio di lasciarli andare,

di far percorrere loro quel cammino chiamato vita con le proprie forze, senza facilitazioni o agevolazioni.

I giovani hanno bisogno di qualcuno che creda in loro veramente: solo così riusciranno a comprendere chi sono davvero, solo così potranno riscoprire le loro virtù, la loro identità, ma anche riconoscere le loro fragilità, imparando a fronteggiare le situazioni più difficili, dotandosi di quell’esperienza che insegna più di un qualsiasi manuale cosa significhi vivere intensamente la propria vita.

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di VALENTINA TROPEA

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