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Baby gang, oltre cinquanta i gruppi giovanili riconducibili al fenomeno nei territori della Riviera del Brenta e del Miranes. È preoccupazione per i dati emersi

"Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime viva preoccupazione per i dati emersi relativamente alla proliferazione di oltre cinquanta gruppi giovanili riconducibili al fenomeno..."

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Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime viva preoccupazione per i dati emersi relativamente alla proliferazione di oltre cinquanta gruppi giovanili riconducibili al fenomeno delle cosiddette baby gang nei territori della Riviera del Brenta e del Miranese.

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Tale incremento, pari al 25% negli ultimi tre anni, non può essere interpretato unicamente in termini di devianza minorile, bensì come manifestazione di un disagio sociale e relazionale che si inscrive in un più ampio quadro di fragilità educativa e di disgregazione dei legami comunitari.

Alla luce dei principi sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (1989), ratificata dall’Italia con legge n. 176/1991, e in coerenza con le linee guida del Piano Nazionale di Prevenzione e Contrast o del Bullismo e Cyberbullismo e con l’art. 3 della Costituzione italiana in materia di pari dignità e tutela dello sviluppo integrale della persona, appare imprescindibile porre in essere strategie sistemiche di prevenzione.


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La scuola, in tale prospettiva, non può limitarsi a un ruolo trasmissivo di conoscenze, ma deve configurarsi come presidio educativo permanente di legalità e cittadinanza attiva. Il potenziamento di percorsi strutturati di educazione civica, in linea con la legge n. 92/2019, rappresenta un argine fondamentale contro la diffusione di comportamenti antisociali, poiché consente di sviluppare nei giovani la consapevolezza dei propri diritti e doveri, promuovendo la costruzione di un’identità fondata sulla responsabilità e sul rispetto reciproco.


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Al contempo, le più recenti teorie sociologiche, dal paradigma dell’anomia di Émile Durkheim fino agli sviluppi contemporanei della strain theory di Robert K. Merton e della social disorganization theory, sottolineano come la devianza giovanile sia fortemente correlata all’assenza di modelli educativi, alla perdita di coesione comunitaria e al deficit di opportunità culturali e sociali. In tale quadro, l’inserimento stabile della figura dello psicologo scolastico, già raccomandata da numerose ricerche in psicologia dell’età evolutiva e sostenuta anche nelle linee di intervento MIUR post-pandemia, costituisce un presidio imprescindibile per l’intercettazione precoce del disagio e la promozione di interventi di supporto personalizzati.


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Il CNDDU ribadisce pertanto l’urgenza di un impegno corale, fondato su basi normative, scientifiche e pedagogiche, per trasformare le scuole in veri laboratori di cittadinanza attiva e diritti umani. Solo attraverso un investimento stabile in educazione, ascolto e prevenzione sarà possibile arginare fenomeni di marginalità giovanile e restituire ai ragazzi una prospettiva di crescita umana e civile.


di LA REDAZIONE



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