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Recalcati: "Il dono d’amore di un genitore è far realizzare un figlio. Una strada fatta di desiderio, valori e affermazione della propria personalità”

"Ogni figlio è tenuto a riscrivere in modo singolare la sua provenienza...in questo esso si costituisce come un vero erede. L'eredità non consiste nell'acquisire passivamente beni o geni, ma…”

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Il legame tra genitori e figli rappresenta un vincolo indissolubile, il principio da cui ha origine l'esistenza di ciascuno di noi e che plasma tutta la nostra vita. Ed invero, noi esistiamo proprio perché la vita ci viene donata dai nostri genitori. Sin dal primo momento in cui apriamo gli occhi riusciamo a percepire una particolare sintonia tra noi ed i nostri genitori che nessuna forza è in grado di recidere.

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Su tale legame pone la sua attenzione lo psicoanalista e saggista italiano Massimo Recalcati, sottolineando come sia impossibile non avere avuto dei genitori e non essere stati figli.

In particolare, secondo Recalcati "la condizione del figlio coincide con la condizione della vita umana in quanto tale...questo significa che nessuno può farsi da sé, nessuno può autogenerarsi, nessuno è la causa di se stesso".

I figli, dunque, rappresentano il frutto e la sostanza dei genitori e ciò crea un vincolo di dipendenza rispetto agli stessi. Infatti, sempre secondo il noto saggista "la condizione del figlio segnala la nostra dipendenza dall'altro, l'impossibilità dell'autoformazione. Ogni figlio ha, infatti, una provenienza che non può governare, della quale non può essere padrone". 

Da ciò deriva che i luoghi in cui ci troviamo a vivere, la nostra razza, la classe sociale, la lingua sono "imposti strutturalmente dall'altro". I figli non possono decidere sulla propria origine né sulla provenienza e da ciò discende la qualifica rivestita da ogni figlio: quella dell'erede.

Ma occorre prestare particolare attenzione sul significato da attribuire alla parola eredità poiché essa non è da intendere solo in un senso esclusivamente venale e materiale bensì quale lascito del sentimento stesso del desiderio. Il desiderio, infatti, è il primo marchio che caratterizza la condizione dei figli. Tuttavia, è di fondamentale importanza che i figli riescano a formare ed affermare la propria personalità facendo tesoro dell'eredità dei genitori, trovando la propria strada sulla base dei valori e degli insegnamenti impartiti ma conservando sempre la propria originalità. Secondo Massimo Recalcati "si tratta davvero di fare come fa il poeta che lavora sulle parole che trova già costituite nel codice del linguaggio e che però trasfigura rendendole nuove".

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Occorre, dunque, reinterpretarsi, evolversi, crescere, affermarsi, sempre tenendo presente il proprio bagaglio familiare e genitoriale.

"Ogni figlio è tenuto a riscrivere in modo singolare la sua provenienza...in questo esso si costituisce come un vero erede. L'eredità non consiste nell'acquisire passivamente beni o geni, ma in un movimento in avanti, aperto sull'avvenire".

I figli sono chiamati a proiettarsi verso il futuro plasmando personalmente la propria esistenza, rendendosi attori della stessa anziché meri spettatori passivi. Ogni figlio deve, in tal modo, essere in grado di plasmare e trovare il proprio "desiderio singolare".

A tal fine Recalcati sostiene che "nel tempo della loro giovinezza i figli hanno pieno diritto a essere lasciati andare via". Ciò sottolinea proprio il concetto di indipendenza e di realizzazione dei figli, a cui ogni genitore aspira. Da un lato, dunque, il genitore subisce una perdita, dall'altro sperimenta la gioia poiché da tale distacco deriva la realizzazione del figlio. È questa la sublimazione della forma più elevata di amore.


Dunque il dono che un genitore può fare ad un figlio “non è solo quello dell’accoglienza e della cura – nella sua prima infanzia – ma anche quello dell’abbandono e della distanza. Sostenere lo sforzo di poesia del figlio significa acconsentire innanzitutto alla sua perdita. Si tratta di un lutto particolare che anziché essere afflitto inconsolabilmente dalla perdita dell’oggetto amato può sperimentare la gioia del distacco perché solo in questo distacco la vita del figlio ha l’opportunità di realizzarsi pienamente. Quando invece i genitori hanno dei progetti sui loro figli, come diceva giustamente Sartre, i figli hanno dei destini che non sono mai felici. Nessun figlio è in realtà come i genitori lo attendevano nelle loro proiezioni narcisistiche. Ma l’amore per il figlio non si realizza nonostante questa non coincidenza ma proprio per questa non coincidenza. Non si tratta di amare il figlio in quanto realizzazione delle nostre attese, né nonostante le abbia frustrate, ma si tratta di amarlo nella sua divergenza, nella sua insondabile differenza, nel suo segreto”, con tali parole lo psicoanalista conclude la sua profonda riflessione.

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di VALENTINA TROPEA

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