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Docente precario discriminato, il tribunale condanna il Ministero a risarcire un docente precario con la somma di 2500 euro più interessi e spese legali

"Certamente la supplenza annuale implica tanto per il datore di lavoro quanto per il docente, una prospettiva di insegnamento, che per la sua durata..."

“Certamente la supplenza annuale implica tanto per il datore di lavoro quanto per il docente, una prospettiva di insegnamento, che per la sua durata annuale, giustifica quell’ ulteriore ausilio formativo, dato dal “bonus docenti”, al pari del dipendente assunto a tempo indeterminato”: lo scrive il Tribunale di Verona, sezione Lavoro, rispondendo con sentenza al ricorso predisposto dai legali del sindacato Anief in difesa di una insegnante che ha svolto supplenze tra il 2019 e il 2024 senza ricever la Carta del docente utile alla formazione e all’aggiornamento professionale.

Il giudice del lavoro, dopo avere esaminato la norma riconducibile alla Legge 107/15, che assegna la card da 500 euro annui solo al personale insegnante di ruolo, e l’ampia casistica giudiziaria, a partire da quella prodotta nel 2023 dalla Suprema Corte di Cassazione e l’anno prima dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Giustizia Europea, è giunto alla conclusione che alla donna sono stati sottratti in modo illegittimo 2.500 euro oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria calcolata dalla data del diritto all’accredito sino alla concreta attribuzione”.

Nella sentenza di Verona, pubblicata lo scorso 27 novembre, si legge che “il parametro della ‘non discriminazione’ impone all’interprete di estendere il trattamento originariamente previsto solo a favore del docente a tempo indeterminato”: una conclusione derivante, in particolare, dalla posizione presa dalla “Corte di Cassazione (sentenza n. 29961/2023)”, la quale “decidendo su rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., in

funzione dichiaratamente nomofilattica, sulla base di articolate argomentazioni che si intendono qui richiamate ex art. 118 disp. att. ha fissato” una serie di “principi di diritto”, tra cui quello che “la Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche”. Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato autonomo Anief, ricorda che ancora una volta, il parere espresso dalla Suprema Corte di Cassazione diventa materia fondamentale che di fatto sembra avere prodotto giurisprudenza.

Di fatto, chi ha introdotto la Carta del docente all’interno della riforma Buona Scuola del 2015, non ha tenuto conto che un dipendente ogni quattro che insegna in Italia è precario e non può rimanere fuori dalla formazione reputata obbligatoria: in assenza di una legge che trovi rimedio alla grave dimenticanza, ci troviamo quindi in un atto lavorativo discriminante, come anche evidenziato dalla Corte di Giustizia Europea e dal Consiglio di Stato. Ecco perchè a questo punto presentare ricorso gratuito attraverso il sindacato Anief per recuperare la Carte del docente diventa una decisione utile e intelligente”, conclude Pacifico.



LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DEL LAVORO DI VERONA

P.Q.M.

Il Tribunale di Verona in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria e diversa domanda ed eccezione rigettata

1) Accerta e dichiara il diritto della ricorrente ad usufruire del beneficio

economico di € 500 annui tramite Carta Elettronica del docente per

l’aggiornamento e la formazione del personale docente, di cui all'art. 1 della Legge n. 107/2015 per gli anni scolastici 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022, 2022/2023, 2023/2024;

2) Condanna il Ministero convenuto ad erogare alla ricorrente la prestazione oggetto di causa, previa emissione della Carta Docente ed accredito della somma indicata sulla Carta Docente, oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria calcolata dalla data del diritto all’accredito sino alla concreta attribuzione;

3) Condanna il Ministero convenuto alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla parte ricorrente, liquidate in complessivi € 1.550,00 per compensi professionali, oltre al rimborso spese generali al 15%, IVA e CPA con distrazione in favore dei procuratori antistatari.


di LA REDAZIONE


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