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Crepet: "Io penso che le persone gentili siano persone migliori", per questo educare alla gentilezza è la sfida più importante di oggi

In un tempo in cui si premiano cinismo e arroganza, la gentilezza rischia di sembrare debolezza. Eppure è il primo vero atto educativo, dentro la scuola e dentro le famiglie…


"Sei sempre gentilissimo", mi è stato detto. Una frase semplice, forse detta per cortesia, ma che mi ha fatto riflettere. Perché oggi la gentilezza, che dovrebbe essere normale, viene spesso percepita come qualcosa di raro. Viviamo in un tempo in cui chi urla viene scambiato per deciso, chi è freddo per efficiente, chi è cinico per intelligente. E invece, tra tutte le qualità umane, la gentilezza è forse la più importante, e la più rivoluzionaria.


La gentilezza non è debolezza. Non è buonismo. È ascolto, è rispetto, è cura. È il modo in cui ci rivolgiamo agli altri, è il tono che scegliamo, è la capacità di non ferire quando potremmo. È saper dire “grazie”, “scusa”, “come stai?” con sincerità. È presenza, è attenzione, è umanità.

Eppure, oggi, ci siamo abituati all’opposto. In molte famiglie si è smesso di insegnare la gentilezza. Nella scuola, si parla tanto di competenze e valutazioni, ma troppo poco di relazioni. E allora accade che si tolleri l’insulto, si accetti l’arroganza, si premi la prepotenza, perché “nella vita bisogna farsi valere”. Come se la gentilezza fosse un ostacolo, invece che una forza educativa.

Ma educare alla gentilezza non è una debolezza: è un atto di cura profonda, soprattutto verso chi, crescendo, non ha ancora imparato a gestire le proprie emozioni. Un bambino che non è educato alla gentilezza non imparerà mai davvero a stare con gli altri. Ecco perché essere gentili è, prima di tutto, una responsabilità degli adulti.

La famiglia è il primo luogo in cui si impara (o non si impara) la gentilezza. Non servono grandi discorsi. Bastano i piccoli gesti: uno sguardo, un tono pacato, una parola detta con delicatezza anche quando si è stanchi o arrabbiati. Perché il genitore che grida sempre, che comanda senza dialogare, non sta formando un bambino forte, ma un bambino spaventato. E un bambino spaventato sarà un adulto insicuro.

Lo stesso vale per la scuola. Una scuola che ignora la gentilezza è una scuola che rischia di diventare fredda, tecnica, disumanizzante. E invece, educare è molto più che insegnare nozioni. È aiutare un ragazzo a diventare consapevole degli altri, a cooperare, a non ridere del dolore altrui, a saper chiedere scusa, a saper accogliere. Il vero successo educativo non è un ragazzo perfetto nei voti, ma un ragazzo che sa prendersi cura.

A ricordarcelo, con forza, è anche Paolo Crepet, che in un’intervista ha detto: "Io penso che le persone gentili siano persone migliori. Uno che sbraita, che urla, non dà il meglio di sé. Io ho conosciuto persone di grandissima intelligenza, a volte anche capaci di grandi discussioni, ma non era gente che avrebbe preso un fucile e ti avrebbe ammazzato. Quindi, la genialità in qualche modo ha a che fare con la costruzione, non con la distruzione."


Ecco il punto: la vera intelligenza non ha bisogno di ferire. La vera forza non si impone, ma si offre. Le persone più capaci non sono quelle che distruggono, ma quelle che costruiscono, ogni giorno, nelle parole, nei gesti, nelle relazioni.

Abbiamo bisogno di gentilezza. Non quella di facciata, ma quella radicata nella consapevolezza che ogni essere umano merita rispetto, ascolto, attenzione. La gentilezza non è solo una virtù: è ciò che ci tiene umani.

Per questo, educare alla gentilezza è oggi il compito più urgente. Perché un bambino non educato alla gentilezza sarà un adulto ferito, confuso, in lotta col mondo. Invece, un bambino cresciuto nella gentilezza sarà un adulto capace di fare la differenza. Per sé, per gli altri, per il mondo.

In queste ore, mentre questo articolo viene letto e condiviso da migliaia di persone, torna una domanda fondamentale: stiamo davvero educando i nostri figli alla gentilezza, o ci stiamo arrendendo a un modello urlato, freddo, competitivo? Ripartire dalla gentilezza è forse l’unico modo per restare umani.



di LA REDAZIONE

EDUCAZIONE
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