Ribellarci all'indifferenza, a non aver paura delle nostre idee e neppure dei nostri inciampi in questo ci esorta con passione Crepet...
Dove sono finite oggi le nostre emozioni? Chiederselo non è un esercizio retorico, ma un interrogativo necessario. Viviamo in un mondo nel quale guerre, migrazioni epocali e nuove emergenze contribuiscono a creare un senso di precarietà, spingendoci a credere che le uniche modalità plausibili per sopravvivere siano la negazione e la paura. Solo che la prima ci condanna all'indifferenza, la seconda ci paralizza. In entrambi i casi, finiamo per relegarci in una solitudine che accomuna giovani e adulti, vecchi e bambini. Siamo all'età dell'atarassia, dell'insensibilità? Il rischio c'è, ed è sempre più concreto. Ai nostri giovani insegniamo a rimandare il momento di fare i conti con la vita vera. Li condanniamo a crescere fragili e spaesati. Rivendichiamo una scuola senza voti, riscriviamo per loro fiabe in nome del «politicamente corretto», privandoli della possibilità di far maturare le loro emozioni.
Perché le nostre emozioni vanno allenate ogni giorno, ma, per crescerle e allevarle, occorre saperle sfidare, non negarle né rinunciarci. Preferiamo invece colmare quel vuoto emotivo con il cinismo e affidarci ciecamente ai nuovi prodotti dell'intelligenza artificiale, che minacciano di depotenziare le nostre capacità fisiche, cognitive ed emotive, la nostra meravigliosa imprevedibilità. La maggior parte di noi non è consapevole di questa diffusa anestesia dell'anima, ciascuno si limita a godere dei privilegi e del benessere materiale rinchiuso nel proprio bozzolo. Ignorando che in questo modo l'umanità intera rischia di imbarbarire. Ma, per chi lo volesse cercare, l'antidoto c'è. È l'empatia.
Condividendo ricordi personali, incontri e riflessioni, Paolo Crepet ci esorta con passione a ribellarci all'indifferenza, a non aver paura delle nostre idee e neppure dei nostri inciampi. Ci invita a riappropriarci con audacia, quasi con sfrontatezza, delle nostre emozioni per tornare finalmente a «mordere il cielo».
Dove sono finite le nostre emozioni?
"Mordere il cielo " di paolo crepet "nasce da una necessità di scuotere, di indignarsi e di prefigurare non una via di fuga, ma una via di buon senso"...
Paolo Crepet in una recente intervista ha toccato diversi aspetti del processo educativo. Dai bambini ai giovani ragazzi Crepet attraverso dei semplici esempi è riuscito a dispensare spunti utili per docenti e genitori.
Crepet attraverso la presentazione del suo nuovo libro “Mordere il cielo” sottolinea l’importanza di alcuni aspetti concernenti l’educazione, i genitori e la scuola. In particolar modo si sofferma sul ruolo dei genitori. Rifare lo zaino ai propri figli è un gesto da genitore deficiente. Bisogna infatti rieducare i giovanissimi ad avere contezza delle proprie azioni, bisogna responsabilizzarli e non regalare loro “una bicicletta con pedalata assistita”.
È fondamentale comprendere che cosa si intenda per “dignità della sconfitta”. Ogni giovane ragazzo deve essere curioso, deve sperimentare, deve cadere e sapersi rialzare, ci saranno salite e discese, come succede sempre nella vita, ma i genitori non devono tarpare loro le ali con ansia, preoccupazione, un eccessivo controllo che alla lunga diviene deleterio e spegne questi ragazzi. “Il controllo non deve essere superiore alla gioia”.
Molti giovani adolescenti utilizzano alcol, cocaina e psicofarmaci (CLICCA QUI) prima dei 15 anni (notizia confermata qualche giorno fa direttamente dal Ministero). Situazioni di estremo allarme che ci indicano come il valore della vita, almeno agli occhi di molti giovani in numero sempre più crescente, si sia ridotto ai minimi termini. La vita è una e va salvaguardata. I ragazzi vanno educati sin da piccoli nel giusto modo e lo si fa responsabilizzandoli al rispetto della vita stessa, del prossimo e delle cose che ci accompagnano nel quotidiano.
Il rifare lo zaino ai figli è l'esempio di come non educare. Di come sbagliare totalmente rotta. Di come educare partendo con il piede sbagliato. Crepet invita i genitori a ripartire con il piede giusto mettendo in luce un'azione che può sembrare semplice, il rifare lo zaino. Rifare lo zaino, gesto in prima battuta apparentemente banale, ma nel contempo significativo, è indice per un ragazzino dell'essere presente, essere sul pezzo, saper quale libro inserire, quali quaderni e tutto quel che serve. Vuol dire avere contezza di essere uno studente che va a scuola oggi.
La vera rivoluzione oggi è riscoprire le emozioni nelle piccole cose, nella semplicità. Tutto ciò è possibile solo grazie alla nostra ironia, non bisogna mai prendersi troppo sul serio.
La nuova generazione non può e non dev’essere una generazione di giovani ereditieri: attendere supinamente ed ereditare qualcosa da qualcuno. Questo determinerebbe delle conseguenze estremamente negative. Genitori ed insegnanti rappresentano delle guide molto importanti, dei punti di riferimento, ma bisogna lasciare i giovani sperimentare e mettersi, giorno dopo giorno, alla prova. Ed ecco la necessità di essere “buoni naviganti che detestano la bonaccia”, sottolinea Paolo Crepet.
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