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CARTA DOCENTE ANCHE AI PRECARI BREVI E SALTUARI, A PISA IL TRIBUNALE SPIEGA CHE BASTANO 180 GIORNI DI SERVIZIO: NON INTERESSA QUALE CONTRATTO HA IL SUPPLENTE, 2.500 EURO DI RISARCIMENTO A UNA PROF

Pacifico: "Le sentenze come quella di Pisa ci danno conforto e sostegno nell’insistere sulla nostra linea: tutti gli insegnanti precari o ex precari che nell’arco di un anno scolastico hanno fatto una supplenza di almeno 150 giorni, anche con contratti di tipo breve..."







Sulla Carta del docente negata ai precari l’Unione europea non transige: lo ricorda il tribunale del lavoro di Pisa nel risarcire un’insegnante, difesa dai legali che operano per Anief, che per 5 anni ha svolto supplenze annuali senza vedersi assegnare la card annuale da 500 euro per la formazione e l’aggiornamento. All’insegnante il Ministero dovrà dare i 2.500 euro della Carta del docente, perché, ha scritto il giudice, su questo tema si è già espressa la “Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale con Ordinanza del 18/5/2022 nella causa C-450-21 ha ritenuto che “La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno”.



Sempre la Corte europea, ha scritto ancora nella sentenza il giudice di Pisa, ha spiegato che “non può dunque costituire di per sé una ragione oggettiva “il riferimento alla mera natura temporanea del lavoro degli impiegati amministrativi a contratto”, in quanto “ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro sia sufficiente a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato priverebbe di contenuto gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2019, Ustariz Aróstegui, C72/18, EU:C:2019:516, punto 41 e giurisprudenza ivi citata)”.

 


Il giudice ha quindi ricordato che pure la Corte di Cassazione, investita della questione in via pregiudiziale, con sentenza n. 29961 del 27 ottobre 2023 ha dato ragione ai precari, scrivendo che “la carta docente, prevista dall'art. 1, comma 121, della l. n. 107 del 2015, spetta, pur in assenza di domanda, anche ai docenti non di ruolo, sia a quelli con incarico annuale che a quelli titolari di incarico di docenza fino al termine delle attività didattiche; in caso di mancato riconoscimento tempestivo del beneficio, i docenti interni al sistema scolastico (iscritti nelle graduatorie di supplenze, incaricati di supplenza o transitati in ruolo) possono chiedere l'adempimento in forma specifica e quindi l'attribuzione della carta secondo il sistema proprio di essa e per un valore corrispondente a quello perduto, oltre a interessi o rivalutazione, ai sensi dell'art. 22, comma 36, della l. n. 724 del 1994, dalla data di maturazione del diritto alla sua concreta attribuzione; di contro, gli insegnanti usciti dal sistema scolastico per cessazione dal servizio o per cancellazione dalle graduatorie, possono chiedere il risarcimento dei danni, da provarsi pure a mezzo di presunzioni e da liquidarsi anche equitativamente, tenuto conto delle circostanze del caso concreto (quali, ad esempio, la durata della permanenza nel sistema scolastico), nei limiti del valore della carta, salva l'allegazione e la prova specifica di un pregiudizio maggiore”. (così, Cass. Civ., 29961/2023 cit.)”.



Infine, per “evitare alcuna forma di discriminazione – ha detto ancora il Tribunale del lavoro toscano - occorre allora individuare un termine sostanzialmente analogo a quelli segnati dall’art. 4, co. 1 e 2, L. 124/1999, idoneo a giustificare il pieno riconoscimento della Carta Docente in caso di supplenze c.d. brevi. In tal direzione, per consentire il mantenimento di un collegamento tra la supplenza e la didattica annua, deve ritenersi che la c.d. carta docenti spetti a coloro i quali abbiano svolto supplenze brevi per almeno 180 giorni nel corso dell’anno scolastico”. Questa specifica ha comportato il pagamento anche della supplenza svolta dalla docente ricorrente sulla base di contratti brevi e saltuari, piuttosto che annuali: il giudice ha spiegato che “alla luce delle argomentazioni sopra esposte, tenuto conto della durata superiore a 180 giorni, deve accertarsi il diritto alla percezione della c.d. carta docente anche per l’aa. ss. 2019/2020”.


Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “le sentenze come quella di Pisa ci danno conforto e sostegno nell’insistere sulla nostra linea: tutti gli insegnanti precari o ex precari che nell’arco di un anno scolastico hanno fatto una supplenza di almeno 150 giorni, anche con contratti di tipo breve, quindi non su supplenza annuale, hanno tutto il diritto di presentare ricorso gratuito con Anief al tribunale del lavoro, così da recuperare fino a 3.000 euro di Carta del docente indebitamente sottratta. È bene che questo si sappia e che la nostra azione nelle aule di giustizia sta portano risultati sempre più sorprendenti a favore del personale discriminato”.



LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DI PADOVA

P.Q.M.

1) dichiara il diritto della parte ricorrente ad usufruire del beneficio economico di € 500,00 annui tramite la c.d. Carta elettronica del docente per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023;

2) condanna il MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a mettere a disposizione della parte ricorrente la somma complessiva di € 2.500,00 da usufruire per il tramite della Carta elettronica del docente, ovvero altro mezzo equipollente, oltre a interessi o rivalutazione, ai sensi dell'art. 22, comma 36, della l. n. 724 del 1994, dalla data di maturazione del diritto alla sua concreta attribuzione;

3) condanna il MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente che liquida in complessivi euro 49,00 per spese ed euro 1.030,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie determinate nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, e ad IVA e CPA come per legge, da distrarsi ex art. 93 c.p.c. in favore dei procuratori costituiti.

Il giudice del lavoro



di LA REDAZIONE


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