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Pellai, genitori ed insegnanti devono allenare i giovani alla vita: “Occorre comprendere che vi sono dei passaggi di crescita in cui l’educatore non può essere amabile ma deve essere allenatore”

“I genitori del terzo millennio vorrebbero essere sempre in una simbiosi affettiva con i propri figli dove non c’è mai nessuna perturbazione ed invece le perturbazioni servono nel…”

Se esistesse un manuale di istruzioni per poter essere dei buoni genitori ed in primis dei buoni educatori, allora non si attenderebbe neppure un attimo ed ogni genitore correrebbe subito ad acquistarlo. In realtà non esistono manuali o indicazioni dettagliate da seguire ed il ruolo svolto da un genitore è un ruolo molto delicato, la cui funzione educativa determina diversi risvolti nella vita presente e futura di un figlio.

A tal proposito proprio Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, si sofferma su tale aspetto nel suo libro “Allenare alla vita”, nel quale individua i dieci principi per ridiventare genitori autorevoli.

 

Pellai, nel ridefinire la relazione esistente tra educatore ed educando, sottolinea come i genitori siano diventanti molto protettivi, onnipresenti, sostituendosi spesso ai figli in alcune importanti fasi di crescita ed impedendo loro di superare le difficoltà della vita attingendo a risorse proprie che gli consentirebbero di ritrovare una felicità autentica e duratura.

In un’intervista lo psicoterapeuta parla di “genitori elicottero” pronti a scendere sul terreno di crescita dei propri figli qualora si verifichino delle difficoltà.

“Ci si è dati l’obiettivo di renderli sempre felici, e questo non gli ha permesso di maneggiare il dolore, la fatica, il sacrificio”, così ribadisce Pellai con delle parole intrise di significato.


Ed allora ecco che genitori ed insegnanti devono svolgere il ruolo di allenatori, devono cioè allenare i giovani alla vita. L’allenatore è colui che fa crescere il suo atleta, mettendo a disposizione una relazione competente, senza mai trascurare un elemento fondamentale che è la fatica.

“Non si può diventare grandi se non si esce dalla comfort zone”, sostiene Pellai senza esitazione.

I genitori hanno perso la loro originaria autorevolezza e hanno cercato di rendere tutto molto piacevole, gratificante per i propri figli. Ciò ha determinato anche un facile ingresso dei giovanissimi nel mondo digitale, nella vita online, dove vi sono tonnellate di gratificazioni istantanee e ci si allontana dalla socializzazione della vita reale che tiene ancorati al principio di realtà ed allena alla vita.

Occorre, quindi, ridiventare genitori autorevoli.

“Un genitore autorevole è un genitore che sa guardare dall’alto la crescita del proprio figlio e sa essere adulto”, così sottolinea Pellai, ribadendo che un buon educatore deve saper dire di sì ma deve saper dire anche di no perché quei no aiutano a crescere.

Viviamo in un’era in cui assistiamo ad un sovvertimento dei valori e dei ruoli: i genitori hanno perso la loro principale funzione educativa, hanno deciso di instaurare con i loro figli una relazione amabile, cercando di renderli sempre felici, senza mai metterli alla prova o far comprendere loro cosa sia il dolore, il fallimento, la fatica, senza allenarli alla vita reale.

“I genitori del terzo millennio vorrebbero essere sempre in una simbiosi affettiva con i propri figli dove non c’è mai nessuna perturbazione ed invece le perturbazioni servono nel territorio di crescita”, ribadisce in maniera pregnante Alberto Pellai.


Quello che spaventa enormemente i genitori di oggi è proprio la perdita della dimensione dell’amabilità nella relazione con un figlio.

Eppure occorre comprendere fin da subito che vi sono dei passaggi in cui l’educatore non può essere amabile ma deve essere allenatore: in alcune circostanze della vita non è possibile essere accondiscendenti e servizievoli, ma occorre rivendicare una certa autorevolezza, così da consentire ai giovani di crescere consapevolmente, fornendo loro gli strumenti per poter superare ogni difficoltà, senza mai farsi travolgere dalle loro fragilità.



Occorre imparare a superare le tempeste e consentire alle nuove generazioni di divenire adulti consapevoli, responsabili e con un progetto di vita che consenta loro un’autorealizzazione.

In realtà invece oggi i genitori chiedono ai loro figli di eccellere, di arrivare sempre primi, di essere competitivi, di vincere, tralasciando altri aspetti. Anche a scuola ci si ritrova ad assistere a dei veri e propri “combattimenti” con gli insegnanti, un tutto contro tutti, qualora un genitore ritenga che al figlio non sia stato dato il voto che in realtà meriterebbe.

La cosa più importante da comprendere fino in fondo è che bisogna lasciare ai giovani “il diritto all’errore”.

“L’età evolutiva è un’età che ha bisogno di imparare dagli errori”, ribadisce Pellai e non occorre, quindi, chiedere ai giovani di essere perfetti, perché la perfezione non esiste e bisogna imparare a convivere con i propri limiti e le proprie fragilità, affrontando ogni caduta non come un fallimento ma come un’opportunità dalla quale trarre insegnamento.

Genitori ed insegnanti, nella loro veste di educatori, devono quindi accompagnare i giovani nel cammino ma non percorrerlo al posto loro; occorre essere capaci di porre dei limiti, occorre essere in grado di supportare i ragazzi così da consentire loro di gestire le frustrazioni, sostenerli nella crescita, senza mai scendere a compromesso ma insegnando loro cosa significhi fatica e sacrificio per poter raggiungere i proprio obiettivi.


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di VALENTINA TROPEA




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