Galimberti: l'educazione emotiva dei giovani consente di trasformare le loro pulsioni in sentimenti al fine di acquisire piena consapevolezza delle proprie azioni
- La Redazione

- 30 gen
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 31 gen
Se le pulsioni sono naturali, i sentimenti, invece, si imparano ed occorre partire sin dall'inizio, attraverso lo studio della letteratura, grazie alla quale possiamo comprendere cosa sia l'amore, il dolore, la tristezza...

Il rapporto che si instaura tra un giovane ragazzo e un educatore non è mai semplice da decifrare, alla luce di un rapporto empatico che dovrebbe costruirsi senza perdita della propria autorevolezza. Prendersi cura dei giovanissimi richiede tempo, dedizione, costanza e determinazione, così da garantire loro anche e soprattutto un'educazione emotiva.
A tal riguardo il filosofo, saggista e psicoanalista Umberto Galimberti introduce la sua disamina con tali parole: "A differenza degli animali gli uomini non hanno istinti, che sono risposte rigide a uno stimolo, ma solo pulsioni a meta indeterminata, per cui a una pulsione aggressiva possiamo assegnare una meta che si esprime nella violenza, così come possiamo assegnargliene una che si traduce in una seria presa di posizione".
Il filosofo evidenzia come sia necessaria un'educazione delle pulsioni al fine di avere contezza delle proprie azioni, esprimendosi con parole e ragionamenti e non unicamente con i gesti. Si pensi, ad esempio, al fenomeno del bullismo: si commettono azioni riprovevoli senza avere però consapevolezza della gravità delle azioni stesse.
Ecco allora la necessità di "sentire", di percepire il male ed il bene, di comprendere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, passando dal livello pulsionale a quello emotivo.
"Senza un'educazione emotiva, oltre a non avere un'immediata consapevolezza della bontà o meno delle nostre azioni, si rimane a livello pulsionale", così ci spiega Galimberti, continuando nella sua riflessione.
Se le pulsioni sono naturali, i sentimenti, invece, si imparano ed occorre partire sin dall'inizio, attraverso lo studio della letteratura, grazie alla quale possiamo comprendere cosa sia l'amore, il dolore, la tristezza, l'entusiasmo, la speranza, e così via discorrendo.
Il ruolo delle scuole, fino ai diciotto anni di età, è quello dunque di formare l'uomo mentre le competenze si acquisiscono all'università.
"Quindi niente scuola-lavoro, ma scuola a tempo pieno e meno computer a scuola e più libri di arte, storia, scienze, matematica, filosofia, letteratura in tutti gli ordini scolastici", queste le significative parole del filosofo.
Occorre riscoprire la funzione fondamentale svolta dalla scuola che deve istruire ma anche educare, così che i giovanissimi acquisiscano maggiore consapevolezza delle proprie azioni, maturando ed imparando ad agire responsabilmente. L'educazione delle emozioni e dei sentimenti rimane la principale priorità in una società nella quale si assiste ad un sovvertimento dei valori, in cui i giovani sono troppo spesso apatici e sprovvisti di curiosità, una società nella quale è importante apparire, spesso indossando una maschera che tende a soffocarci, senza permetterci di mostrare la nostra vera essenza.
di VALENTINA TROPEA






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