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Galimberti, i giovani hanno bisogno di guide culturali che non devono mai impedire l'uso dell’intelletto. "Scopo della scuola è addestrare al senso critico”

Aggiornamento: 25 nov

Spesso il rapporto tra studenti ed insegnanti sembra essere connotato da una profonda diffidenza e questo determina la mancanza di un coinvolgimento emotivo, un po' come se la trasmissione…

Il ruolo svolto dalla scuola nell'ambito del processo formativo ed evolutivo dei giovani è sicuramente evidente eppure alle volte sembra essere davvero troppa la distanza tra uno studente ed un insegnante: il modo di rapportarsi dei professori con gli studenti appare fondamentale per appassionare un ragazzo ad una determinata materia, per poterlo coinvolgere emotivamente, affascinandolo e rendendolo parte attiva nel processo formativo.

A tal fine una ragazza di diciotto anni, frequentante il liceo classico, si rivolge al filosofo, saggista e psicoanalista Umberto Galimberti per esprimere il suo rammarico nei confronti di una scuola che dovrebbe essere stimolante, entusiasmante, un luogo dove costruire ed arricchire la propria cultura, nonché la propria interiorità, e che invece spesso si riduce a mero nozionismo, dove i programmi da definire ed i voti da attribuire sembrano essere le uniche priorità realmente tangibili.

Infatti è proprio questo distacco, questa mancanza di empatia, che fa scivolare i giovani in uno status di insoddisfazione, venendo meno quell'entusiasmo che invece dovrebbe essere prevalente e prioritario.

Umberto Galimberti, in risposta alla lettera della giovane studentessa, coglie l'opportunità per sottolineare come i giovani vadano riportati ad un moderno Illuminismo.

"Ora, che i giovani che frequentano la scuola abbiano bisogno di guide culturali è fuor di dubbio, purché queste guide non impediscano agli studenti l'uso del proprio intelletto, riducendoli in uno stato di passività come quando lo studente ripete quello che l'insegnante ha detto guardandosi bene dal metterci qualcosa di suo. Scopo della scuola è addestrare al senso critico, alla non accettazione indiscussa dell'opinione corrente, all'esame dei pro e dei contro, alla discussione argomentata e non alla semplice ripetizione pedissequa di quel che l'insegnante ha spiegato", così sostiene Galimberti con gran determinazione.

Solo in tal modo gli studenti si sentiranno soggetti attivi nella classe, impegnandosi in discussioni proficue in cui inizieranno a sviluppare le proprie capacità lessicali, dialogando in pubblico, curando vocabolario, grammatica e sintassi, in un clima di reciproco e attento ascolto, di partecipazione emotiva, e non di mera competizione.

Spesso, infatti, il rapporto tra studenti ed insegnanti sembra essere connotato da una profonda diffidenza e questo determina la mancanza di un coinvolgimento emotivo, un po' come se la trasmissione dei contenuti culturali interessasse solo la mente senza diventare spunto formativo del cuore.

"Un clima, questo, perfettamente adatto per far giungere agli studenti quanto di più lontano e astratto c'è in ordine alla loro vita, dove il sapere, per difetto di trasmissione, non riesce a diventare nutrimento della passione, senza la quale l'interesse per la cultura non nasce e, se mai per caso fosse nato, inesorabilmente si estingue", queste le parole significative di Umberto Galimberti.

Ecco allora la necessità di una scuola che debba non solo istruire ma anche educare, curando l'emotività degli studenti, in una fase delicatissima di crescita nella quale le emozioni sembrano indurre ad un inquieto disordine, dove la demotivazione può determinare la depressione, dove non è semplice gestire delle sensazioni contrastanti, non avendo ancora raggiunto quel grado di maturazione tale da agire responsabilmente, imparando a gestire le proprie emozioni.

In definitiva, quindi, Galimberti pone l'accento sull'importanza della cura emotiva dei giovanissimi impegnati in un difficile processo di crescita in cui l'utilizzo di registri digitali, lavagne luminose, e più in generale l'informatizzazione dell'istruzione, rivestono un ruolo secondario rispetto alla prioritaria funzione educativa e formativa svolta da una scuola che appassioni al sapere, coinvolgendo gli studenti in una partecipazione attiva e sentita.


di VALENTINA TROPEA


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