“QUESTA MASCHERINA È PRODOTTA DA SCHIAVI. AIUTATECI, CONTATTATE UN'ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE”
Come succede ormai ogni giorno da quasi 2 anni, è entrato ormai nella nostra quotidianità aprire buste
contenenti mascherine, in quanto le stesse sono ormai un accessorio indispensabile.
Ed è proprio dietro questo gesto quotidiano che oggi si nasconde un mistero: “Non usate questa mascherina. È stata prodotta da schiavi africani nella prigione di Yingde, nella provincia del Guangdong, in Cina. Per favore, aiuto. Contattate un’organizzazione internazionale”, è quanto si legge in un bigliettino nascosto all’interno di una confezione sigillata di mascherine FFP2.
Il messaggio scritto a mano e in lingua inglese è stato ritrovato da un uomo proprio dentro una confezione di mascherine acquistate presso una farmacia del quartiere Eur di Roma.
Il ritrovamento del messaggio è stato comunicato tempestivamente all’agenzia stampa LaPresse e, secondo le ricostruzioni, il bigliettino sarebbe stato inserito all’interno della confezione solo ed esclusivamente nel momento del confezionamento presso lo stabilimento di produzione.
L’autore del messaggio resta però ignoto, in quanto non ha rilasciato nessuna generalità.
Sei giorni fa un utente ha postato su Reddit una foto con lo stesso bigliettino: “Non usate questa mascherina. È stata prodotta da schiavi africani nella prigione di Yingde, nella provincia del Guangdong, in Cina. Per favore, aiuto. Contattate un’organizzazione internazionale”.
Nel post l’utente scrive allegando la foto: “Questi appunti sono stati trovati in un pacco di FFP2 acquistato in un drugstore a Roma da un nostro amico. Apparentemente non sono stampati, ma scritti a mano in fretta, cosa dovremmo fare?”
Ma i moderatori del sito hanno rimosso il post ritenendolo privo di fondamenta: non si poteva verificare che il messaggio si trovasse davvero all'interno delle mascherine.
Secondo la pagina FanPage bisogna valutare che esistono più versioni dello stesso biglietto: due foto sono state pubblicate appunto su Reddit e un’altra su La Presse.
Stesse identiche parole, stessa scrittura, ma non c’è nessuna prova che dimostri che sono stati scritti dalla stessa persona.
Facendo una ricerca su internet però si evince che la prigione cinese citata, quella di Yingde, esiste davvero dal 1952, anche se al suo interno non dovrebbe esserci nessuna fabbrica, o almeno non ci sono prove che dimostrino il contrario.
Ci si chiede quindi se il messaggio ritrovato a Roma sia una bravata per attirare l’attenzione oppure una vera richiesta d’aiuto.
di VALENTINA ZIN
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