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Crepet:“pensare non è un reato. Ecco come vivere senza schemi per tornare ad essere autentici, liberi e veri"

Aggiornamento: 4 ore fa

Ciò che appare più sconvolgente è che “non c’è bisogno di imporre il silenzio: ci si adegua da soli, per paura di essere criticati…

Avere il coraggio di andare controcorrente, assumendosi la responsabilità delle proprie scelte, così da preservare le proprie idee e convinzioni, risulta sempre più difficile e complesso. In relazione a tale aspetto il sociologo e psichiatra Paolo Crepet, con forza e determinazione, si esprime in tal modo: “Il reato di pensare è ciò che stiamo vivendo oggi.

È una condizione reale, sebbene invisibile. È alimentato da tanti fattori che si intrecciano: la ricerca compulsiva del consenso, l’invadenza delle tecnologie digitali, la difficoltà crescente ad esprimersi liberamente. Viviamo in un tempo dove si preferisce il silenzio all’opinione divergente, l’omologazione all’originalità”. Ma ciò che appare più sconvolgente è che “non c’è bisogno di imporre il silenzio: ci si adegua da soli, per paura di essere criticati, esclusi, derisi. Il pensiero libero viene percepito come pericoloso perché rompe gli equilibri, mette in discussione le certezze.

E questo vale tanto nella politica quanto nella vita quotidiana, nelle relazioni familiari, nei gruppi sociali, nelle aziende”, così come ci spiega a gran voce lo psichiatra.

Tra i giovanissimi predominano sentimenti contrastanti come odio, insofferenza, aggressività, ed inoltre cresce la “mediocrità formativa”, proprio perché non si insegna più a pensare, creare, immaginare, e non può esserci futuro senza immaginazione.

Si cerca di imporre un pensiero unico e tutti coloro che provano a discostarsi da quest’ultimo vengono emarginati ed allontanati.

“È sempre più raro incontrare qualcuno che abbia un pensiero strutturato. Troppa gente ha paura di uscire dal coro. Se non sei allineato, vieni etichettato, ignorato, o peggio deriso. E molti preferiscono il silenzio a questa esposizione”, queste le significative parole di Paolo Crepet.

Ecco allora che in una società iperconnessa si percepisce l’esigenza di restituire ai bambini una piccola pausa, qualche ora al giorno per vivere senza schermi, senza mediazioni digitali, restituendo loro la libertà di immaginare, di inventare, di relazionarsi in modo autentico.

In merito all’intelligenza artificiale lo psichiatra si esprime in maniera chiara e determinata:

“L’AI rischia di diventare una scusa per non pensare più. ‘Tanto ci penserà qualcun altro’, si dice. Ma questo qualcun altro non è umano. È un algoritmo. È il compimento della teoria del copia-incolla: nessuno sforzo, nessuna originalità, solo ripetizione”.

È molto importante, quindi, educare i giovanissimi alla fatica, facendo comprendere loro che a scuola, così come nella vita, occorrerà lavoro costante, sacrificio ed impegno per poter raggiungere i risultati sperati e non si potrà delegare ad altri i propri compiti, non ci saranno sempre le scorciatoie a facilitare il cammino, non si potrà utilizzare la teoria del copia-incolla ma si dovrà acuire l’ingegno, facendo affidamento solo sulle proprie capacità, senza facilitazioni, senza qualcuno che ci spiani la strada ma coltivando il proprio talento, sperimentando le proprie passioni ed ambizioni, avendo delle idee chiare, dei progetti, dei sogni, perché solo così si potrà arrivare fino in fondo senza perdersi durante il percorso.


Occorre, pertanto, che i giovani riassaporino la propria libertà di pensiero, senza alcun tipo di censura o di condizionamento, così che possano sviluppare spirito critico ed autonomia, non avendo paura di uscire fuori dal coro, di essere derisi o etichettati, ma anzi avendo il coraggio delle proprie idee, senza mai tirarsi indietro, senza allinearsi o uniformarsi per paura di non essere accettati, perché avere un pensiero profondo, ben strutturato, riuscendo ad andare controcorrente, è l’unico modo per salvarsi veramente.




di VALENTINA TROPEA

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