CARTA DOCENTI ai PRECARI: il Tribunale di Roma risarcisce con 1.000 euro più interessi un’insegnante difesa dai legali ANIEF ricordando le tesi di Corte Ue, Consiglio di Stato e Cassazione
- La Redazione
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"Sulla Carta del docente, ancora una volta l’interpretazione giurisprudenziale è favorevole agli insegnanti precari che... "

Sulla Carta del docente, ancora una volta l’interpretazione giurisprudenziale è favorevole agli insegnanti precari che presentano ricorso: a ribadirlo è stato il tribunale del lavoro di Roma, seconda sezione Lavoro, che ha accolto l’istanza presentata dai legali Anief in difesa di un insegnante accordandogli 1.000 euro di risarcimento, a seguito delle supplenze annuali “per n. 24 ore di servizio settimanali” svolte negli “gli anni scolastici 2020/2021, 2021/2022, oltre interessi legali dalla data del diritto all’accredito alla concreta attribuzione”.
Secondo il giudice del lavoro, “la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con l’ordinanza del 18 maggio 2022, emessa nella causa C-450/21, ha evidenziato che “La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica”.
Il tribunale di Roma ha poi aggiunto “con la sentenza n. 1842 del 18.3.2022 il Consiglio di Stato ha annullato il citato D.P.C.M. n. 32313 del 25 settembre 2015, nella parte in cui esclude i docenti non di ruolo dall’erogazione della cd. Carta del docente; in merito il Consiglio, nell’evidenziare “il contrasto degli atti impugnati, nella parte in cui escludono i docenti non di ruolo dal beneficio per cui è causa, rispetto al dettato degli artt. 3, 35 e 97 Cost.”, ha rilevato come fosse comunque possibile “…un'interpretazione in chiave costituzionalmente orientata dell'art. 1, commi 121 - 124, cit., tale da garantirne la conformità alla Costituzione…”.
Ha quindi affermato condivisibilmente che “…in mancanza di una norma che abbia innovato rispetto al d.lgs. n. 165/2001, sottraendo esplicitamente la materia della formazione professionale dei docenti alla contrattazione collettiva di categoria e riservandola in via esclusiva alla legge (statale), non risulta corretto affermare la prevalenza della disciplina di cui all'art. 1, commi 121 e segg., della l. n. 107/2015 sulle preesistenti disposizioni del C.C.N.L. di categoria e, in specie, sugli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. del 29 novembre 2007”.
“Ne discende – ha continuato il giudice del lavoro - che la questione dei destinatari della Carte del docente va riguardata tenendo conto anche della disciplina prevista in tema di formazione dei docenti dal C.C.N.L. di categoria: questa va letta in chiave non di incompatibilità, ma di complementarietà rispetto al disposto dell’art. 1, commi da 121 a 124, della l. n. 107/2015.
L’interpretazione di tali commi deve, cioè, tenere conto delle regole in materia di formazione del personale docente dettate dagli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. di categoria: regole che pongono a carico dell’Amministrazione l’obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, “strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio” (così il comma 1 dell’art. 63 cit.). E non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la Carta del docente, di tal ché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti), così colmandosi la lacuna previsionale dell’art. 1, comma 121, della l. n. 107/2015, che menziona i soli docenti di ruolo: sussiste, infatti, un’indiscutibile identità di ratio – la già ricordata necessità di garantire la qualità dell’insegnamento – che consente di colmare in via interpretativa la predetta lacuna…”.
Infine, il tribunale romano ha ricordato che “con la sentenza n. 29961 del 27.10.2023, la Corte di Cassazione, decidendo in merito alle questioni in esame, oggetto di rinvio pregiudiziale, ha enunciato i seguenti principi : “1) La Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6, ai sensi dell’art. 4, comma secondo, della L. n. 124 del 1999, senza che rilevi l’omessa presentazione, a suo tempo, di una domanda in tal senso diretta al Ministero”.
“Rimane sempre più difficile pensare che sulla Carta dei docenti ai precari i giudici del lavoro possano sovvertire i pareri espressi nel tempo da Corte di Giustizia Europea, Consiglio di Stato e Corte di Cassazione: poiché la legge, la cosiddetta ‘Buona Scuola’ del 2015, ha introdotto la norma che i docenti, di ruolo e precari, hanno il dovere di aggiornarsi, anche i supplenti hanno pieno diritto di formarsi periodicamente con i fondi dello Stato. Si possono recuperare fino a 3.500 euro di Carta per la formazione, più interessi, per l’annualità in corso e le cinque precedenti. Occorre quindi presentare ricorso gratuito con Anief, sempre facendo attenzione a non superare i cinque anni dalla sottoscrizione del contratto a tempo determinato”.
CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DEL LAVORO DI ROMA
P.Q.M.
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- condanna l’amministrazione resistente all’attribuzione, in favore di XXXXX XXXXX, della “Carta Elettronica” di cui all’art. 1 comma 121 Legge 107/2015, del valore pari a euro 500, per gli anni scolastici 2020/2021, 2021/2022, oltre interessi legali dalla data del diritto all’accredito alla concreta attribuzione;
- condanna la parte resistente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi € 356,00 di cui euro € 53,40 a titolo di rimborso spese generali, oltre I.V.A. qualora dovuta e C.P.A. come per legge, da distrarsi.
di LA REDAZIONE
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