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CREPET: “QUALCOSA È ANDATO STORTO E C’È DA AVER PAURA”, IL PRIMO PASSO PER PORRE RIMEDIO È RENDERSI CONTO DELL’ERRORE E RIPARTIRE DALLE EMOZIONI

Crepet: “Questa è una frase molto ottimistica, perché se tu dici “qualcosa è andato storto” vuol dire che ti sei reso conto dell’errore e che hai una qualche idea per rimediare…”

Nelle nostre vite ormai tutto scorre velocemente, la tecnologia si sostituisce al potenziale umano e l'intelligenza artificiale è diventata la nostra migliore amica, ma ci siamo mai soffermati a pensare se tutto questo è giusto?


Certamente il parere di Crepet, sociologo e psichiatra, non lascia alcun dubbio. In una sua conferenza ha dichiarato: “ Io so che se siete tutti qua “qualcosa è andato storto”. È sicuro, Io posso dire...qualcosa è andato storto.”

Le parole di Crepet, a una prima lettura, potrebbero sembrare intrise di pessimismo, ma in realtà contengono un messaggio di speranza e consapevolezza. L’esperto ci invita a vedere il riconoscimento dell’errore non come una sconfitta, ma come un punto di partenza. Come lui stesso afferma: Questa è una frase molto ottimistica, perché se tu dici ‘qualcosa è andato storto ’ vuol dire che ti sei reso conto dell’errore e che hai una qualche idea per rimediare.In altre parole, l’ammissione di un errore non è un segno di debolezza ma di maturità. È il primo passo per riprendere in mano la situazione, per imparare e, soprattutto, per crescere. Solo chi è disposto a guardare con sincerità ai propri sbagli può davvero evolversi.

Se da un lato l’avanzare della tecnologia è sempre più prorompente, dall’altro lato ci siamo noi, che abbiamo preso consapevolezza del fatto che è arrivato il momento in cui, saturi dell’eccessiva tecnologia, facciamo ritorno alle nostre vere origini. A praticare valori persi e dimenticati. Un ritorno al vecchio e ormai in disuso potenziale umano. Le nostre emozioni, l’empatia, la comprensione sono un qualcosa che la tecnologia non può replicare e sul quale possiamo fare leva per porre nuovamente sani confini tra l’intelligenza artificiale e la dignità umana.  

Perché l’intelligenza artificiale può imitare, analizzare, prevedere ma non può sentire. Non può piangere di commozione, non può amare senza un perché, non può comprendere con il cuore. Non potrà mai donarci il calore di uno sguardo sincero, né l’abbraccio silenzioso che consola senza parole. Ed è proprio in questo spazio — fragile, imperfetto, profondamente umano — che risiede la nostra vera forza. 


di NATALIA SESSA

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