Ad oggi la connotazione principale degli adulti è quella di voler instaurare un rapporto paritario con le nuove generazioni, un rapporto basato sulla comprensione, l’ascolto, ma soprattutto...
Nel cercare di analizzare la relazione tra un insegnante e un alunno e tra un genitore e un figlio, sorge spontaneo chiedersi la ragione per la quale si sia verificato un vero proprio sovvertimento dei ruoli, trascurando la funzione educativa svolta da genitori ed insegnanti.
Su tale aspetto si sofferma proprio Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano. Più in particolare, nel suo libro “Allenare alla vita”, Pellai si interroga sul cosa significhi rimanere adulto nella vita di chi cresce. In realtà si vuole instaurare una relazione paritaria tra educatore ed educando sin da subito: all’età di 3 o 4 anni i bambini vengono coccolati, riempiti di attenzioni, si ricerca il loro consenso in ogni scelta ed è un pò come se avessero un potere decisionale equiparato a quello dei genitori. Tuttavia ciò che occorre comprendere fino in fondo è che è il genitore a detenere il potere decisionale e ad avere diritto di esercitarlo, dispensando dei sì ma anche e soprattutto dei no che aiutano a crescere. Tale compito fornisce all’educando due importantissime competenze: “la capacità di fidarsi di chi gli fa da guida nel primo tempo della sua vita e quella di sapere come si affronta la frustrazione che deriva dal non poter seguire sempre il principio del piacere”, queste le parole dello psicoterapeuta dell’età evolutiva.
Sono quindi i genitori e gli insegnanti che, in quanto adulti, allenano alla fatica, alla rinuncia, alla frustrazione del principio del piacere: gli educatori indicano la strada da percorrere, spesso attraverso comportamenti che non presuppongono l’approvazione dell’educando ma anzi il suo più profondo dissenso. Ad oggi la caratteristica principale degli adulti è quella di voler instaurare un rapporto paritario con le nuove generazioni, un rapporto basato sulla comprensione, l’ascolto, ma soprattutto sul desiderio di rendere felici i giovanissimi a tutti i costi, così da evitare ogni dolore o sofferenza. Ciò ha determinato un “indebolimento progressivo della dimensione dell’autorevolezza dell’adulto”, spiega Pellai. Occorre quindi capire la distinzione tra autorevolezza ed autorità: si tratta di due concetti distinti e non coincidenti. “L’autorevolezza non è rappresentata da un adulto potente che si fa obbedire minacciando o spaventando. L’adulto autorevole è colui che è in grado di condividere con chi gli viene affidato nella relazione educativa due aspetti fondamentali: la testimonianza di un’adultità risolta e competente, e la responsabilità connessa alla sua capacità di definire quali sono i sì e i no funzionali alla crescita”, ribadisce Pellai in maniera dettagliata. Nell’instaurare tale relazione, occorre che l’educando abbia la piena consapevolezza di avere dinanzi a sé una persona affidabile, un punto di riferimento, colui che opterà per delle scelte spesso scomode ma che determineranno dei benefici nel medio e lungo termine nell’ambito
della sua vita.
L’adulto pone con fermezza obiettivi educativi e formativi, indica la direzione giusta da seguire, accompagna nel cammino, fa il tifo sia quando si perde che quando si vince, permette di cadere ma anche di rialzarsi, pone dei limiti senza i quali non si potrebbe mai crescere e fare delle scelte consapevoli.
La perdita di autorevolezza determina un’inversione dei ruoli: genitori confusi, disorientati, incapaci di svolgere la loro funzione educativa e figli sempre più presenti e protettivi. Si riscopre una generazione di adulti fragili, spesso conseguenza dei rapporti a loro volta instaurati con i propri genitori: e così le fragilità e le asperità del pregresso rapporto genitore/figlio si riversano nel nuovo rapporto educatore/educando senza esitazione alcuna. In definitiva possiamo affermare che genitori ed insegnanti debbano custodire gelosamente l’autorevolezza del loro ruolo senza dimenticare mai che la funzione educativa svolta presuppone un’attitudine alla formazione basata sulla compostezza, sul contegno e sulla fermezza delle proprie decisioni, accompagnando nel cammino i giovanissimi ed indicando loro la giusta strada da percorrere.
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