Da una recente ricerca, tra le preoccupazioni maggiori dei genitori, dopo le bollette da pagare o traslochi da effettuare, ci sono i compiti lasciati dalle scuole ai propri figli per il periodo delle vacanze.
Infatti l’argomento di rito appena ci si trova tutti riuniti a casa è: “compiti per le vacanze”.
I genitori chiedono ai figli, quanti compiti hanno da fare per le vacanze e le due risposte più comuni sono:
“Mamma sono pieno” abbinato ad un viso triste;
“Papà, questa volta ne ho pochissimi” con sorriso compiaciuto.
Da un lato troviamo i genitori più permissivi che scrivono giustificazioni ai figli per non aver fatto i compiti o addirittura, quelli che si sostituiscono facendo loro le lezioni assegnate o ancora peggio, denigrando il ruolo dei docenti.
Poi ci sono i genitori denominati “ultras dello studio”, quelli che mettono al primo posto il senso del dovere, che sostengono “ai miei tempi si studiava di più”, convinti che la quantità maggiore di studio nei bambini più piccoli sia sinonimo di:
Intelligenza
Cultura più elevata
Saggezza
Le considerazioni da fare al riguardo sono quelle di uscire dalla logica quantitativa dei compiti.
Più esercizi non migliorano le capacità logiche, deduttive o riflessive degli alunni.
Altra cosa da tenere in considerazione è che otto ore di scuola, con regole rigide e formali dove si chiede ai ragazzi di stare seduti composti facendo silenzio, senza avere il tempo per dedicarsi al gioco, sport o musica sono una forte fonte di stress.
Quantità minori di compiti non rende i nostri figli più ignoranti, ma non farne affatto rischia di non insegnargli l’importanza di un percorso costante di formazione.
La scuola dev’essere al servizio degli alunni e non gli alunni al suo servizio.
di CARLO VARALLO
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