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Pellai, ecco perché l’online ci trasforma nei peggiori noi stessi, “leoni da tastiera”

Dal caso Addeo alla fragilità del web: Pellai ci mette in guardia su ciò che perdiamo quando viviamo dietro uno schermo...

Quante volte ci è capitato di dire o fare qualcosa d’impulso, senza pensare davvero alle conseguenze che quelle parole o quei gesti potevano avere sull’altro? Succede spesso, soprattutto quando ci sentiamo protetti da uno schermo. È quella distanza, solo apparente, tra le dita sulla tastiera e la persona dall’altra parte a illuderci che i danni siano minimi. Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta e scrittore, in un’intervista a Famiglia Cristiana, è intervenuto sul caso del professor Addeo, l’insegnante che ha augurato la morte alla figlia della premier Giorgia Meloni.

Un gesto gravissimo, che ha scatenato una reazione feroce e a catena. Il boomerang è stato potente: la valanga di commenti e insulti ricevuti ha portato Addeo a un gesto estremo, tentando il suicidio. Come afferma Pellai:  “dentro al web  noi diventiamo la versione peggiore di noi stessi. Clicchiamo sui tasti senza riflettere. Le dita viaggiano più veloci dei pensieri che le dovrebbero muovere. La tastiera funziona in questo modo: ti fa fare le cose appoggiandosi alla parte della tua mente che non pensa, ma agisce. La definizione “leoni da tastiera” ci si addice in toto. Perché protetti dallo schermo che ci impedisce di guardare l’altro negli occhi, ci sentiamo capaci di dire tutto, di fare tutto”.

Ma ci siamo mai chiesti perché “l’online fa risorgere dai nostri meandri più profondi quella parte di noi che nella vita ordinaria teniamo a bada, addomestichiamo, sentiamo che esiste, ma non facciamo agire” ? La risposta sta in ciò che abbiamo perso: la quotidianità fatta di sguardi, di gesti, di empatia.

L’empatia è quel filtro che ci aiuta a calibrare parole e comportamenti, a evitare di ferire. Lo schermo, invece, non ha filtri emotivi, e finiamo per riversare odio, rabbia e frustrazione proprio lì, dove ci sentiamo invisibili, una voce tra tante.

I cellulari non possono sostituire le persone, questo è ormai risaputo, e purtroppo non hanno dei filtri così sensibili, e a volte questo permette di riversare odio, tristezza e frustrazione nei social, proprio lì che siamo nessuno, proprio lì che diventiamo una voce tra tante, continua Pellai: “ La differenza tra vita reale e vita virtuale è tutta qui: nella vita reale ci metti la faccia. Quindi, in automatico, ti obblighi a mettere in gioco la parte di te più evoluta, quella che pensa prima di agire. Lo fai, perché intorno a te ci sono gli altri, con i loro sguardi, il loro “ingombro corporeo”, la loro presenza che funziona , automaticamente, da freno inibitore all’espressione incontrollata delle emozioni, perché obbliga a riconoscerle e regolarle, impedendo che vengano espresse in modo bestiale. Il professore campano si è accorto solo dopo aver pubblicato ciò che ha pubblicato di quanto tremendo fosse il suo messaggio. Travolto dall’indignazione di un pubblico enorme trasformatosi a sua volta in “leone da tastiera”, si è visto sommergere dalla stessa ondata di odio di cui egli stesso era diventato promotore. Il target delle offese e delle minacce si era spostato. Le parole lanciate come pietre verso un’altra persona, gli tornavano addosso con tutto il loro peso”.


Pellai ha evidenziato dettagliatamente le criticità del nostro paese. Purtroppo la tecnologia ha comportato un grave impoverimento di valori e principi. Per notorietà, visibilità ormai siamo capaci di fare di tutto, anche ferire gli altri. “ Il virtuale non è reale, ma ciò che fai li dentro ha conseguenze enormi per la tua vita reale. E per quella degli altri. Nella vita, conviene essere costruttori di pace. E non di odio.” 


di NATALIA SESSA

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