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Precariato STOP! 525 mila giovani talenti espatriati all’estero per motivi di lavoro e solo un terzo torna in Italia. Necessario garantire migliori condizioni di lavoro

Aggiornamento: 12 lug

"Tra il 2008 e il 2022, infatti, più di 525mila giovani ragazzi sono espatriati all’estero per motivi di lavoro e solo un terzo è tornato a casa"


Ormai da tempo alcune problematiche affliggono il nostro Paese ed un aspetto di estrema rilevanza viene evidenziato proprio attraverso una recente indagine condotta da Ipsos per la Fondazione Raffaele Barletta che pone in risalto alcuni dati significativi: su un campione di 1.200 under30 ben il 35% ha dichiarato di essere disposto a lasciare l’Italia per cercare migliori opportunità lavorative e salari più alti all’estero.


I ragazzi tra i 18 e i 30 anni pensano che la generazione dei loro genitori, se non dei loro nonni, sia stata la più felice, con più opportunità lavorative e una migliore qualità di vita e di relazioni sociali. Non tutti, però, pur mettendo in conto uno spostamento, pensano all'estero. L'85% dei ragazzi sotto i 30 anni starebbe pensando di trasferirsi lontano da casa per un lavoro più gratificante: il 18% in Italia e il 32% nella propria regione o in una limitrofa. Soltanto il 15%, invece, non intende spostarsi.




A ciò si aggiunga un calo demografico che sta facendo sparire dai banchi scolastici tra i 100 e i 110mila studenti all’anno.

Tra il 2008 e il 2022, infatti, più di 525mila giovani ragazzi sono espatriati all’estero per motivi di lavoro e solo un terzo è tornato a casa. Secondo un report di Almalaurea all’estero i laureati italiani percepiscono in media 2.174 euro netti mensili contro i 1.393 euro di chi rimane in Italia: il 56,1% in più rispetto all’Italia. Ma in realtà le ragioni sono tra le più svariate.



Il 32% degli intervistati dichiara di essere emigrato per aver ricevuto un’offerta di lavoro interessante, il 27,4% è stato costretto a lasciare il Paese per mancanza di opportunità, mentre solo il 14,1% lavora all’estero perché già studiava in un’altra nazione. Solo l’8,8% ha compiuto questa scelta per motivi famigliari o personali. Infine il 3,2% ha accettato una richiesta di trasferimento della propria azienda fuori dall’Italia. Da ultimo il 41,3% delle persone che lavorano da un anno all’estero ottiene un indeterminato e la percentuale sale al 52,1% dopo cinque.





I motivi della “fuga” di questi giovani talenti quindi sono molteplici: principalmente si lascia il proprio Paese in vista di migliori prospettive di lavoro e di salari più elevati. Si tratta di dati allarmanti e a tal proposito esperti e stakeholder suggeriscono diverse soluzioni per un’inversione di rotta: sarebbe opportuno investire in settori chiave come il manifatturiero, dove l’Italia è la seconda potenza in Europa, così da creare un ambiente economico che permetta a questi giovani ragazzi di rimanere, più che di fuggire altrove in cerca di fortuna. La questione assume un aspetto ancora più preoccupante se si pensa al precariato, ai giovani che non studiano e non lavorano, alle donne inoccupate e a tanti altri aspetti che connotano la nostra Italia. Garantire un salario minimo e condizioni di lavoro dignitose rappresenta da sempre una priorità che non può essere subordinata o derogata in relazione ad altre esigenze o problematiche. Bisogna porre un freno al precariato, ormai dilagante: non si può vivere serenamente senza uno stabile rapporto di lavoro e senza un’equa retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità di lavoro. Si tratta di una prospettiva di estrema importante proprio perché le previsioni Istat considerano, entro il 2040, un calo di 5,4 milioni di lavoratori che uscirà dal mercato, con un potenziale calo del Pil del 13%.




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di VALENTINA TROPEA




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